venerdì 22 ottobre 2021

IL SERPENTE DI MOSÈ NELLA BASILICA DI SANT'AMBROGIO

 

Accanto al terzo pilastro e posizionato su una colonna romana con capitello corinzio fatta di granito d’Elba, si trova un serpente nero di bronzo in posizione semi-eretta.

La leggenda vuole che il serpente, chiamato Nehustan nella Bibbia, sia stato forgiato niente meno che da Mosè, durante i lunghi anni di viaggio tra l'Egitto e la Terra Promessa.
L'Antico Testamento narra di quando Dio, in seguito alle lamentele per la durezza del viaggio nel deserto, mandò fra gli Israeliti dei serpenti velenosi che morsero a morte molti di loro.
Il popolo pentito si rivolse allora a Mosè per intercedere presso Dio; questi gli ordinò di forgiare un serpente di bronzo e di collocarlo in vista del popolo: chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare solo guardando verso il serpente di Mosè.
Col passare dei secoli gli Israeliti iniziano ad adorare vari idoli, oltre all'unico loro dio. Questo gravissimo peccato raggiunse l'apice sotto il regno di re Acaz.
Il figlio, Ezechia, re di Giuda sette secoli prima di Cristo, promosse una spietata guerra contro l'idolatria, distruggendo tutti gli idioli e trasformando l'ebraismo delle origini, ancora affetto da politeismo, in un solido monoteismo.
Tra gli idoli distrutti da Ezechia via era anche il più adorato, il Serpente di Mosè.
Secondo una leggenda, però, il Serpente venne salvato da alcuni suoi adoratori e rimase nascosto per oltre 1500 anni, arrivando infine a Milano intorno all'anno Mille, portato dall'Arcivescovo Arnolfo da Arsago, di ritorno da Bisanzio.
Il serpente era stato donato dall'Imperatore d'Oriente Basilio II a Ottone III, Imperatore del Sacro Romano Impero; Arnolfo da Arsago andò a Bisanzio ad incontrare l'Imperatore d'Oriente per organizzare un matrimonio che riunificasse i due imperi.
All'epoca, e praticamente per tutto il primo millennio della cristianità, l'Arcivescovo di Milano era la persona più rappresentativa e autorevole della Chiesa, superiore nei fatti anche al Papa.
La sua ambasciata vide scambio di doni preziosissimi, tra cui il serpente di Mosè. Tornato infine in Italia, Arnolfo scoprì che Ottone III era morto e che il sogno di riunificare le due Roma era ormai svanito.
Decise quindi di tornare a Milano, portandosi appresso il serpente di Mosè e lo fece collocare in quella che allora era il cuore della cristianità, la basilica di Sant'Ambrogio.
Il potere taumaturgico che la Bibbia attribuiva al serpente portò rapidamente i milanesi ad adorare la scultura bronzea.
In poco tempo si diffuse la credenza che solo toccando la colonna si guariva dai dolori intestinali e dai vermi, che all'epoca affliggevano la quasi totalità della popolazione.
Forse in colpa per quell'improvvisa ondata di idolatria, Arnolfo fece erigere un'altra colonna dal lato opposto della navata di Sant'Ambrogio, recante una grossa croce di bronzo.
Arnolfo continuò a far prosperare Milano e a guidare con autorevolezza la cristianità e fu il fondatore del Monastero di San Vittore al Corpo, nel quale venne sepolto nel 1018.
Il suo successore, Ariberto da Intimiano, suo pupillo nonché comandante delle milizie di Milano, portò l'autorevolezza della Cattedra di Sant'Ambrogio al suo massimo splendore e contemporaneamente, con le sue guerre contro l'Impero gettò le basi per la nascita del Comune di Milano e delle ribellioni del Nord Italia contro il potere tedesco.
Secondo la profezia biblica, il Giorno del Giudizio il serpente di Mosè prenderà vita, diventando di carne ed ossa. Dopo aver sibilato tre volte, scenderà dalla colonna e tornerà nella Valle di Josafat, ai piedi del Monte del Tempio a Gerusalemme.
Ancor oggi le due colonne si trovano nella basilica di Sant'Ambrogio. La colonna con la croce venne sostituita con una nuova nel corso dell'Ottocento.
Un disegno del serpente tratto dal manuale "De serpente aeneo Ambrosianae basilicae Mediolani micrologus" di Pietro Paolo Bosca, scritto nel 1675.

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