nel 1028 quando Ariberto da Intimiano, vescovo di Milano, in visita “di lavoro” a Torino, venne a sapere che un nutrito gruppo di persone residenti a Monforte d’Alba aveva preso in modo non serio il dogma trinitario.Essendosi rifiutati di abiurare, intorno al 1033 i catari piemontesi furono mandati al rogo, e bruciati nel luogo che da allora è chiamato col nome del loro paese. In altre parole se ne infischiavano della presenza della chiesa e, probabilmente, avevano abbracciato il dogma dei catari.
I tempi erano delicati ed il vescovo aveva a disposizione un esercito che, da uomo di chiesa dell’anno 1000, mandò ad assediare il castello di Monforte. Inutile dire che ebbe la meglio e la popolazione venne tutta deportata a Milano e qui coloro che non abiurarono la loro “fede” vennero bruciati vivi: sì, il rogo era già di moda. Vennero imprigionati in una zona di Milano che da quel momento prese il nome proprio di Monforte. Non c’era il corso, ma da lì a poco, lungo il tracciato delle mura medioevali, venne costruita una pusterla, una porta minore. Non sappiamo esattamente quando questa venne demolita, ma sappiamo che, secoli dopo, venne costruita una porta che prese il nome di quello che nel frattempo era diventato proprio corso Monforte.
Già, porta Monforte è stata l’ultima porta ad essere costruita. Siamo, ops, eravamo alle fine del 1800 e rientrava nel contestatissimo (oggi senz’altro) piano Beruto che aveva previsto una completa e radicale rivisitazione delle strade di Milano.
Come tutte le porte che si rispettino, i due caselli erano molto belli e dotati anche di un lampione a gas. Ma ebbe vita breve: la sua demolizione fu decisa nel 1919 in quanto erano diventati “di ingombro tecnico e prospettico, tanto più grave in quanto, con l’abolizione della cinta daziaria, costituivano né un monumento architettonico apprezzabile, né una memoria storica interessante“.
Nel tratto esterno alla Cerchia dei Navigli, il corso è un susseguirsi di edilizia di gran pregio, con il settecentesco palazzo della Prefettura e palazzo Isimbardi. Il palazzo d’angolo con via Conservatorio, progettato da Alfredo Campanini, ha uno stile fra barocchetto lombardo e liberty.
Oggi in Corso Monforte possiamo trovare il gatto nero
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