venerdì 17 settembre 2021

CASCINA SAN ROMANO

o Malpaga
 I primi documenti che nominano la cascina San Romano risalgono al XVI secolo.

Il terreno su cui sorge la cascina, in origine, apparteneva alla Pieve di Trenno, compresa nel comune di Quinto Romano che è stato annesso al comune di Milano solo nel 1923.
Le prime notizie certe relative a questa località si ritrovano in documenti d’archivio risalenti al 1559 (Fondo Famiglie): qui viene menzionata la località ma non case o altri fabbricati. I terreni risultavano coltivati a prato, orto, aratorio ecc. ed erano di proprietà di Giò Giacomo Rainoldi, veri e propri feudatari delle terre circondanti il borgo. Ancora nel Medioevo l’edificio era un convento, ma nel corso del XVII secolo fu trasformata in villa padronale di lusso. Gli archi erano più dei tre che si vedono adesso, anzi, c’era un vero e proprio portico che in occasione della trasformazione fu in parte murato, come si potrà notare dalla colonna in parta incassata. Rimasero scoperti solo questi tre archi. Sopra l’arco centrale, un balconcino in ferro battuto, stile barocco. I capitelli delle colonne riportano scolpito uno scudo ciascuno.
In una lettera di supplica datata 18 settembre 1579, Alfonso Rainoldi chiede di correggere il libro del perticato che indicava erroneamente Giò Giacomo come proprietario di un “sito di orto e giardino”. Questa dizione con quella del 4 aprile 1560 che nomina un campo situato nel territorio della “cassina” di San Romano, confermano l’ esistenza di un fabbricato con mulino (in lavori recenti condotti dagli operatori del parco è stato ritrovato un frammento di macina!).
In un documento del 1596 con cui venivano divisi i beni tra i fratelli Rainoldi scopriamo che la cascina San Romano era costituita da un corpo di fabbrica a L, diviso in due parti: quella a ovest affacciata sul grande giardino e indicata come casa di propria abitazione del conte Rainoldi, quella a est adibita a casa da massaro.
Nell’angolo tra i due corpi di fabbrica c’era una piccola corte con il pozzo e gli orti, a sud la cappella di San Romano. L’impianto a L risulta confermato dalla metà del ’500 alla metà del ’800.
Tra il 1771 e il 1847 si susseguono una serie di passaggi di proprietà anticipati da un documento di perizia che documenta e descrive gli edifici lasciando immaginare quale dovesse essere l’organizzazione della vita in cascina e la molteplicità di funzioni ivi raccolte.
Il vero cambiamento si ebbe nella prima metà dell’800 con nuove costruzioni e migliorie: ampliamento del portico vicino all’aia, costruzione della stalla per le bergamine, scuderia per i cavalli, porcilaia, portico esterno alla stalla, locali adibiti alla lavorazione del latte (in sostituzione del torchio e della vinaia), una nuova casa e il granaio.
È così che la cascina assume la conformazione a corte chiusa.
Nella seconda metà dell’800 l’attività agricola è in pieno sviluppo e la cascina rientra nella categoria delle aziende agricole gestite da grandi affittuari, a loro volta gravati dal peso del canone d’affitto basato sulla produzione di grano e latte.
Nel XX secolo la cascina si amplia: la pianta si articola intorno a due corti più piccole oltre a quella principale.
Negli anni ‘40 si assiste alla demolizione dei locali per la lavorazione del latte, sostituiti da una nuova casa per l’affittuario; la “casa da nobile”, sopravvissuta per oltre 4 secoli, viene ristrutturata completamente e trasformata in una casa a due piani destinata ad abitazione dei salariati. La porcilaia viene distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre alcuni corpi di fabbrica vengono demoliti nel 1960 ad opera del Comune di Milano, proprietario dal 1942. Anche la chiesetta e la torre di accesso vengono distrutte in questi anni, ma non si è riusciti a ricostruire se durante la guerra o per cause successive.

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