mercoledì 16 febbraio 2022

VICOLO DEI LAVANDAI

il primo lavatoio pubblico di Milano 

Il vicolo è dedicato ai lavandai e non alle lavandaie, perché nell’Ottocento ad occuparsi del servizio di lavaggio erano gli uomini, organizzati in una vera e propria associazione. La confraternita dei Lavandai di Milano risale al 1700. Sant’Antonio da Padova è il loro protettore e a lui è dedicato un altare nella chiesa di Santa Maria delle Grazie al Naviglio, ubicata a 100 metri circa dal Vicolo dei Lavandai, lungo l’Alzaia Naviglio Grande. Il ruscelletto (el fossett, in dialetto milanese) è alimentato dalle acque del Naviglio Grande
IL Vicolo dei Lavandai in dialetto si chiamava Vicol di bugandee (da bugada, ossia bucato). 
Un tempo le lavandaie stavano inginocchiate sul “brellin” di legno, ( “El Brellin”; prende il nome dal panchetto dove le lavandaie si appoggiavano per lavare i panni con l’acqua derivata da un fontanile); utilizzavano la liscivia che si potevano acquistare nel negozio nei pressi del lavatoio stesso.
La stessa bottega di articoli per la lavanda oltre a spazzole, candeggina, acqua calda e sapone vendeva anche una particolare liscivia denominata in milanese “ paltun”, che si otteneva facendo cuocere la cenere bianca di fuoco di carbone mischiata con olio, che aveva la caratteristica di rendere perfettamente bianchi gli indumenti lavati. Il materiale, detersivo usato dalle lavandaie, era costituito dal cosiddetto “palton”, una paste semidensa a base di cenere, sapone e soda.
Le mani delle donne sciacquavano, strizzavano, sbattevano e coprivano di cenere gli abiti per l’imbiancatura. Nei casi più delicati si macerava preventivamente per 24 ore la biancheria con un misterioso impasto di escrementi di vacca e di bue e l’aggiunta di liscivia. Il sapone veniva sostituito di frequente da cenere e acqua bollente versate sopra un tessuto chiamato ceneracciolo disposto sopra i panni. 
Mentre la tettoia li proteggeva dalle intemperie, le tipiche pietre inclinate ancora visibili, qui e sulle sponde del Naviglio Grande, servivano a sfregare con olio di gomito e sapone la biancheria. Il lavatoio non è alimentato direttamente dalle acque del Naviglio Grande ma da una roggia che passava sotto al Naviglio stesso e che si gettava poi nelle acque del canale.
Al civico numero 6 si può inoltre ammirare una centrifugache risale al 1900, quando per strizzare i panni si ricorreva a metodi manuali e decisamente impegnativi. 


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