giovedì 17 febbraio 2022

IL FACCHINO

fu un lavoro onesto che permetteva al popolo degli umili e senza istruzione di guadagnarsi un salario giornaliero col sudore della fronte. Il mestiere del facchino a Milano è sempre esistito, dalla notte dei tempi, proprio perchè, la sua natura di città mecantile, lo richiedeva.
C’era persino un vicolo a loro dedicato, in un luogo ora “alla moda”, a metà di Via Manzoni, all’altezza della Chiesa di S. Francesco di Paola.
Era chiamato così proprio per la forte presenza di trasportatori di merci, provenienti dall’area delle valli svizzere italofoni e della Val Blenio, nel Medioevo parte integrante del Ducato di Milano. La Val Blenio, è una valle interna dell’odierno Canton Ticino, confinante a ovest coi Grigioni: dal punto di vista fisico, i confini coincidono circa con lo spartiacque del Fiume Brenno (nell’alto corso) e del suo bacino idrografico, tributario del fiume Ticino. ll distretto ha avuto una grandissima importanza strategica nei tempi grazie al Passo del Lucomagno che era una delle vie preferite nei collegamenti alpini tra nord e sud, soprattutto per il trasporto delle merci. E proprio per questo, torme di gente provenienti da queste terre si riversò facilmente in città, attirata dai fiorenti commerci del libero comune di Milano prima e della capitale del Ducato poi, almeno fino alla fine del XV sec. Ancora oggi la Val di Blenio è ricca di testimonianze architettoniche romaniche, forse tra le più importanti del Ticino, a comprova di questa sua importanza strategica e alla frequenza con cui era percorsa la via di comunicazione da viandanti e pellegrini. La ridotta altitudine e la facilità di percorrenza avevano reso il passo del Lucomagno preferito rispetto ai passi vicini e dotato di una strada carrabile. E’ per questo che i Visconti furono sempre molto attenti a mantenere e ad intessere strette alleanze con i signorotti locali, ad iniziare dagli Orelli 
Resta comunque il fatto che già dal XIII secolo, tuttavia, iniziò un lento declino del Lucomagno a causa di una serie di fattori: uno fra tutti la costruzione del ponte del diavolo nella via di collegamento del passo del San Gottardo, l’altra era sicuramente la nascente Confederazione Svizzera che cercava di sganciarsi dalle rotte controllate dai più potenti vicini, sia a nord (l’impero) che a sud (Milano), per privilegiare il Gottardo rispetto al Lucomagno. 
Ma perché tutto questo interessamento per i facchini della Val di Blenio (o Bregn, come veniva chiamata anticamente)? La loro parlata e le loro usanze ispirarono alla metà del XVI sec., la nascita di un’ Accademia artistica, detta appunto dei Facchini della Val di Blenio, che ebbe sede proprio qui. Fu fondata nel 1560 da Giovan Ambrogio Brambilla. Ma anche Annibale Fontana e Paolo Lomazzo 
furono tra i più attivi protagonisti di questo singolarissimo consesso di artisti, artigiani, musici, attori teatrali che qui presero a riunirsi. Nel 1568 lo stesso Lomazzo viene eletto “abate” e per l’occasione dipinse l’Autoritratto di Brera con i simboli dell’Accademia. I membri erano animati da questa poetica dialettale dei Rabìsch (da Arabeschi, titolo anche di una raccolta di scritti del Lomazzo del 1589), scritti in lingua ‘facchinesca’ (una sorta di dialetto ticinese simile a quello dei facchini della Val di Blenio). La loro cultura mostra tracce di dottrine proibite dalla severa censura della controriforma (il contesto ambientale era quello della Milano di Carlo Borromeo: la teologia orifica , la cabala e la magia naturale, tra cui il De Occulta Philosophia di Cornelio Agrippa di Nettesheim. Per questo, i membri furono costretti a riunirsi, in segreto, sotto le mentite spoglie di finti nomi popolareschi. La tradizione pare che ebbe seguito anche nel XVIII sec. quando da Accademia cambiò nome in “Badia”. A questi letterati appartengono le prime bosinate (un genere letterario popolare della Milano dell’inizio del XVII sec). La tradizione del genere rimarrà in auge fino all’epoca della Restaurazione austriaca, spegnendosi dopo il 1848.


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