Nel medioevo tutte le funzioni della vita sociale si svolgevano nelle strade, per cui anche i mercati si localizzavano lungo le vie centrali. Intorno alle chiese di S. Maria Maggiore e di S. Tecla s’insediarono a partire dal sec. X delle botteghe, dette banca e stalla, le prime mobili al contrario delle seconde. Tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII l’aspetto mercantile della zona si era rafforzato in seguito allo sviluppo demografico, economico, sociale e commerciale seguito alla Pace di Costanza del 1183.
L’area delle cattedrali consolidò il proprio carattere di cuore della città e punto di aggregazione dei traffici commerciali. La vita della basilica e del clero dipendevano dai mercati che si svolgevano nell’area circostante, di possesso del capitolo e dalla Soprastanzeria.
Dopo il rifacimento di S. Tecla sotto il portico in facciata, il Paradiso, c’era un mercato. Le botteghe e i banchi erano appoggiati alla facciata della basilica. Tra i banchi e i pilastri c’era un piccolo transito al coperto, che separava anche il mercato della polleria e della pescheria minuta. La profondità del Paradiso corrispondeva a quella di due banchi più il transito.
Il Paradiso era un luogo di sepoltura, per cui la nostra sensibilità considera veramente fuori luogo la commistione fra morte e mercato, che invece era giudicata assolutamente normale nel medioevo. Troviamo la stessa situazione di mercato nel quadriportico di S. Ambrogio o nel cimitero di S. Gabriele, tanto per fare alcuni esempi. Addossate alla facciata di S. Tecla c’erano diverse arche funebri, sotto il pavimento vi erano tombe con sopra lastre di pietra; i banchi si disponevano sopra le tombe e lasciavano libero solo un accesso alla tomba, senza suscitare alcuna perplessità.
Il diritto di esposizione era pagato a carissimo prezzo; le botteghe erano in legno e non misuravano di solito più di due metri. Vi si vendevano per lo più drappi di lana, berrette e calzature, oppure vi si potevano trovare banchi di sarti, ma non mancavano anche le bancarelle alimentari. L’insieme non era molto diverso dalla varietà che si trova oggi nella successione dei negozi in una via o nella disposizione delle bancarelle al mercato, con una maggior specializzazione.
Il coperto di S. Tecla e la Pescheria costituivano due complessi commerciali notevoli, attigui l’uno all’altro e a carattere permanente. La Pescheria si divideva in “pescheria minuta” e “pescheria grossa”. Tra le due pescherie c’erano le Drapperie ospitate in edifici di proprietà comunale. Il passaggio fra le due pescherie, che tagliava in due le drapperie, era detto “stretta dei sonagli”. La pescheria minuta era su terreno di proprietà dei decumani; vendeva gamberi e pesciolini piccoli almeno dal XII sec. La pescheria grossa vendeva pesce di taglia grossa; occupava l’area che un tempo era stata del monastero di S. Maria del Lentasio, drapperie incluse, entrata in possesso del Comune dopo la costruzione del Broletto Nuovo, ma rimasta come parrocchia col titolo del Lentasio.
Insieme alla pescheria minuta c’era il mercato dei polli, precedentemente alloggiato sulla “carrereccia”, vicino alla porta della canonica dei decumani.
Appoggiati al lato meridionale di S. Tecla almeno dal XIV sec. c’erano i banchi dei pellicciai, mercanti di pelli ovine, che ostruivano la contrada che da loro prendeva il nome, stretta tra l’isolato del Rebecchino. I banchi dei vaiari, i mercanti delle più pregiate pellicce di vaio, erano collocati nella contrada che fiancheggiava la pescheria grossa. La via proseguiva con la contrada dei berrettai, dal mercato che vi si teneva.
A nord della basilica, per tutta la sua lunghezza, era appoggiato dal XII secolo il coperto dei Borsinari, noto anche come coperto di S. Tecla, dove si vendevano borse, borsini, cinture e bottoni. La zona absidale di S. Tecla era occupata da bancarelle varie, incluse quelle del pane, di abiti usati (pataria) e per le varie riparazioni. A nord della pescheria grossa c’era la contrada della Frixaria (mercerie), ossia il mercato della passamaneria, dei nastri e delle frange. La contrada aveva botteghe a più piani, munite di portici; fra le sue bancarelle c’erano anche rivendite di formaggi e calzature.
All’interno della recinzione, tra gli edifici religiosi a nord della piazza e il complesso delle cattedrali si era formata una stradina, detta contrada del Mangano, tutta affittata a banchi di vendita, sulla quale si affacciava S. Gabriele o casa dei lettori e l'Albergo della Balestra; poco oltre incontrava a destra la via Catale (Cattedrale?) che passava tra il battistero di S. Stefano e il Duomo.
Dietro la canonica degli ordinari in via Pattari, nella zona detta “còmpito”, c’erano le “beccherie” (macellerie), rimaste nella zona fino alla costruzione del
Palazzo del Capitano di Giustizia. La loro presenza suscitò sempre reclami per i miasmi che si levavano dalle carni soprattutto nei mesi estivi, per le ossa che venivano gettate ad ostruire le cantarane (i tombini per la raccolta delle acque reflue) e per le bestie che attraversavano la navata del Duomo ancora nel Cinquecento, con giustificato disappunto dell’arcivescovo Carlo Borromeo.
Sono tanti i luoghi d’intesse storico e artistico dove il visitatore può perdersi fra quadri, statue e opere d’arte di valore inestimabile. Tanti angoli e luoghi dimenticati senza particolare valore artistico, ma in grado di regalare la strana sensazione di essere tornato indietro nel tempo, dove le lancette dell’orologio hanno smesso di girare e sotto la patina di oblio che li ammanta, è possibile coglierne tracce.
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