Da "patta" abbiamo anche "Pattona", che era un grosso panno trapunto che si metteva sulle porte delle chiese, dei teatri, delle osterie e delle case per non far entrare il freddo e parare gli spifferi. Continuando tra i modi di dire meneghini troviamo anche "Pattèll", ossia pezza, ad esempio "Distend i patèi su la ringhera", ovvero stendere i panni sulla ringhiera, o ancora "El g'à paura perchè el sà com'el stà in di pattèi", che è come dire avere la coda di paglia. Altra derivazione è dal termine "Pattuella" che vuole identificare la camiciola che pende fuori dai pantaloni dei bambini. Dare uno schiaffo dall'alto in basso a mano piatta si diceva " Paton"; molti si ricorderanno che quando ai pavimenti era uso dare la cera, per entrare in casa si doveva mettere la "Pattinna", che indicava anche la presina per impugnare le pentole senza scottarsi o per non ustionarsi quando si stirava, era anche chiamata "Pugnetta".
Una versione che gode di buone probabilità è quella che si identifica con il termine "Pattee e Pattera", che identificava il rigattiere e/o il rivenditore, tanto che si era soliti dire " Parì ona bottega de pattee" con il significato di "sembrare una bottega da cenciaio", richiamando il termine straccioni. Ecco che allora Pattaria o Robba de pattee sottolinea una Cenceria o cenciaia, individuata anche nel modi di dire " Cos'en femm de tutta sta pattaria?", ossia " Cosa ne facciamo di tutta questa cenciaia?".
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