Nel Palazzo dei Giureconsulti per due secoli sede degli antichi Giureconsulti, della Provvisione, della Camera dei Notai e delle loro relative cappelle, ornate da cicli decorativi realizzati dai massimi pittori lombardi del tempo, molti dei quali già impegnati nel Duomo di Milano.
. La scomparsa Cappella dei Giureconsulti, situata al piano inferiore al centro del Palazzo, ci è tramandata da Serviliano Latuada nel tomo quinto della sua Descrizione di Milano del 1738. La Cappella, consacrata nel 1543 e dedicata a San Giovanni Evangelista e a San Michele , era aggregata al Collegio dei Nobili, dedicato a Santa Maria , fondato dal cardinale Carlo Borromeo per l’educazione dei giovani di alto lignaggio. In seguito Federico Borromeo vi istituì un’Accademia di Belle Lettere, detta Accademia de’ Perseveranti. La realizzazione della Cappella terminò entro il 1585 e solo in seguito fu compiuto l’apparato decorativo.
…. La pala per l’altare, la Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista e San Michele Arcangelo, commissionata ad Ambrogio Figino (Milano, 1553-1608), fu realizzata tra il 1588 e il 1590. Le pitture per le cinque nicchie al suo interno furono invece affidate a Giulio Cesare Procaccini, mentre la decorazione della volta fu eseguita da Antonio Busca. L’intero Collegio, da quanto si desume dalle antiche guide milanesi, possedeva uno sfarzoso apparato decorativo che non si esauriva nella Cappella, ma mirabili affreschi e decorazioni erano presenti anche nelle sale al piano inferiore. Nello spazio dove si svolgevano le funzioni dei «pubblici dottoramenti», le pareti erano dipinte «con architettura finissima» da Giuseppe Antonio Castelli da Monza, mentre la volta, suddivisa in tre grandi ovati, era affrescata da Federico Panza, Stefano Maria Legnani e Ambrogio Besozzi, che raffigurò Il Trionfo della Giustizia. Nella sala contigua, un lungo ambiente dove si conferivano le lauree, erano presenti numerosi ritratti di personaggi insigni e dottori del Collegio. La volta presentava l’affresco di Antonio Busca realizzato nel 1651, rappresentante una metafora della Nobilium sapientia. Nella sala vi era anche un trofeo di legno intagliato con i ritratti di Carlo VI, Francesco di Savoja e il Marchese Visconti, la cui iscrizione è riportata nel Latuada.
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