domenica 28 novembre 2021

PALAZZO SANNAZZARI

La residenza fu edificata dopo il 1776 sull'area di faccia alla Chiesa di San Fedele prima occupata dalla casa del conte Antonio Greppi che l'aveva presa in affitto dai Gesuiti di San Fedele, che lì avevano delle case. Il palazzo fu eretto per volere del mercante e filantropo conte Giacomo Sannazzari della Ripa (1755-1804), disponeva di interni particolarmente sfarzosi e di un giardino pensile sulla grande terrazza, che sopperiva all'impossibilità di realizzarne uno vero e proprio per il palazzo. Facevano parte della collezione d'arte al tempo qui conservata lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, l'Assunta di Marco d'Oggiono e il Guerriero di Ambrogio Figino, che passarono alla morte del conte Sannazzaro (1804) all'Ospedale Maggiore, erede universale dei beni del Conte. Il quadro di Raffaello fu trasferito presso il palazzo dell'Accademia di belle arti di Brera e in generale il palazzo perse tutte quelle attrattive artistiche e naturali che lo avevano reso famoso finché il Sannazzari era rimasto in vita.

Dopo il 1808, anno in cui la casa era ancora vuota dopo la morte del Conte, il palazzo, che conservava comunque gli affreschi dell'Appiani, invece passò allo Stato, che ne fece la casa del Ministero delle Finanze del Regno d'Italia Giuseppe Prina, qui defenestrato e trucidato dalla folla furente il 20 aprile 1814. In quell'occasione il palazzo venne saccheggiato, depredato e spogliato persino delle inferriate, dei chiodi e delle grondaie; successivamente a questo fatto e vista l'impossibilità di salvare l'edificio completamente danneggiato, il 25 maggio 1814, il Ministro dell'Interno della nuova amministrazione austriaca ne decretò la demolizione e la piazza, così allungata, riprese nuovamente il suo aspetto precedente alla costruzione dell'edificio. A tal proposito scriveva il 7 settembre 1814 Teresa Casati, moglie di Federico Confalonieri in una lettera a lui indirizzata: 

«Rasata la casa del povero Prina, se ne fa una piazza, ciò che rende questo sito uno dei più belli di Milano; del rimanente della casa di Prina, che è in retta linea col Censo, se ne fa una casetta con una facciata analoga a questa.»

La parte rimanente della casa del Prina a cui si fa riferimento nella missiva diventò poi l'Albergo Bella Venezia, poi distrutto dalle bombe anglo-americane durante la seconda guerra mondiale e ricostruito alla fine della guerra.

All'interno era presente anche il capolavoro dell'Appiani noto come Le storie di Apollo, ciclo di affreschi del 1799 comprendente il Carro d'Apollo e le figure in chiaroscuro de Le muse; gli affreschi vennero strappati nel 1814 in seguito alla rovina del palazzo e trasferiti in parte alla Pinacoteca di Brera e alla Galleria d'arte moderna.

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