Negli stessi anni, affianco al ricovero degli appestati nata come parte integrante del lazzaretto, fu costruito l'oratorio di San Mamete al Lazzaretto, che anche
Proprio di fronte all’oratorio di San Mamete, al numero civico 75, si trova una cascina che testimionia le origini rurali di Crescenzago.
La documentazione cartografica ne attesta la presenza a partire dal XIX. Sulle carte del Catasto Lombardo Veneto, nel punto in cui oggi vediamo la cascina, è segnalata la presenza di una Casa Colonica. L’edificio in esame non era peraltro l’unico casolare ad uso rurale del luogo. Infatti, proprio di fronte ad esso e confinante con la chiesetta è attualmente ubicata al numero civico 74, una struttura con la medesima destinazione d’uso. Essa è già citata nelle carte del Catasto Teresiano, con la doppia denominazione di Porzione di casa da Massaro e Casa d’affitto, appartenente al Livellario dell’Abbazia di Santa Maria di Crescenzago, Don Giuseppe Cravenna. Nel Catasto Lombardo assume poi la medesima definizione della cascina in questione, ossia Casa colonica.
L’edificio, sito in via San Mamete 75, ha mantenuto la sua funzione di cascina per gran parte del secolo scorso. Allora vi risiedeva la famiglia del padrone ma, come spesso accadeva nei complessi edilizi rurali, anche le famiglie dei lavoratori fittaboli la abitavano.
Il complesso, sviluppato attorno ad un'aia centrale, è composto da tre corpi principali, realizzati in mattone, che ospitavano sia spazi abitativi sia destinati ad uso lavorativo.
Il più vasto, quello situato sul lato destro era l'antica stalla con la caratteristica facciata “a capanna”; sono ancora visibili tre aperture per la ventilazione, un tempo coperte da graticole in mattoni e attualmente tamponate, che sottolineavano la tripartizione dello spazio interno. Si può notare il prolungamento del tetto a coppi a copertura di un portico laterale che veniva denominato barchessa.
Gli edifici attigui erano probabilmente adibiti a magazzini per attrezzi e granai, mentre il lato sinistro rappresentava la parte abitata. Fino a pochi decenni fa si poteva osservare, attorno all’edificio, la presenza di numerosi terreni, occupati da distese boschive e campi coltivati ad erba, granaglie, frumento orzo, granturco etc. che fino agli anni Sessanta erano irrigati con le acque provenienti dal Canale Villoresi.
La cascina era abitata da fittavoli che praticavano l'allevamento e coltivavano i terreni circostanti.
Negli anni Ottanta si verificò una massiccia espansione edilizia che portò alla cementificazione di buona parte dei terreni agricoli. Proprio in quegli anni il territorio circostante perse i suoi ultimi caratteri rurali. Considerati gli scarsi risultati della produzione anche i lavoranti della cascina di via San Mamete interruppero le attività di allevamento e agricoltura cosicchè l'edificio mantenne unicamente la sua funzione abitativa.
Negli anni Novanta, in attesa della costruzione della nuova parrocchia, Gesù a Nazaret, per gli abitanti del quartiere, considerate le ridotte dimensione della chiesetta di San Mamete, i locali della cascina vennero utilizzati per ospitare le attività della chiesa parrocchiale. Così la stalla venne trasformata in uno spazio ospitale e accogliente dove si celebrava la Santa Messa, il magazzino divenne un bar e gli altri spazi furono sfruttati per le attività parrocchiali.
Per gli abitanti del quartiere la nuova chiesa assunse la particolare e significativa denominazione di Cattedrale-Stalla. E' lecito pensare che questo edificio si sia potuto fino ad oggi conservare anche grazie a questa curiosa destinazione. Così, nel 1997 fu portata a termine la costruzione della nuova sede della chiesa parrocchiale Gesù a Nazaret, in via Trasimeno 53 e da allora la cascina verte in condizioni di abbandono e degrado.
La cascina di via San Mamete è inserita nel particolare complesso ambientale dominato dal Naviglio Martesana che, dal dicembre 1998, è assoggettato alla tutela prevista dalla legge 29 giugno 1939 n° 1497 per i beni di elevato pregio ambientale e paesaggistico. Sarebbe quindi auspicabile riuscire a preservarla in quanto costituisce una testimonianza storica e culturale di un mondo contadino tipico della pianura padana e una preziosa traccia degli insediamenti rurali che si svilupparono lungo le fertili rive del Naviglio Martesana.
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