La zona era stata scelta come sede produttiva o filiale anche da altre società operanti nel settore dell'auto, tra cui in precedenza l'Isotta Fraschini, ed in seguito la Citroën, la FIAT, la Carrozzeria Touring, la Zagato, la Carrozzeria Cesare Sala; permettendo alle ultime tre di diventare in seguito particolarmente legate all'attività automobilistica dell'Alfa.
La scelta geografica era comunque dettata pure dalla logica che il Portello si trovasse al centro di importanti vie di comunicazione, soprattutto verso il nord della Lombardia, la Francia e la Svizzera; del resto ancora oggi la zona tra corso Sempione e via Gallarate è uno dei quartieri nevralgici dell'economia della città, con la maggior concentrazione di uffici, filiali e concessionarie automobilistiche.
Dopo la crisi del 1909 la Darraq decise di cessare la produzione in Italia e lo stabilimento che nel 1908 occupava la superficie di 8.000 mq venne acquistato da finanzieri lombardi fondando l'A.L.F.A., acronimo di "Anonima Lombarda Fabbrica Automobili".
La nuova azienda, nata il 24 giugno 1910, aveva un capitale sociale di 1.200.000 Lire, 250 dipendenti e si prefiggeva l'obbiettivo di produrre 300 autotelai l'anno. Il modesto numero della produzione era dovuto a un mercato ristretto e alla tipologia costruttiva fortemente artigianale. Negli Stati Uniti d'America, dove l'automobile era già considerata un prodotto di massa, la Ford realizzò 19.000 vetture solo nel 1910. La direzione tecnica dell'Alfa venne affidata al geometra piacentino Giuseppe Merosi, che si mise subito al lavoro per progettare il nuovo modello "24 HP". Nell'attesa, la fabbrica del Portello continuò a sfornare i vecchi modelli Darraq, allo scopo di smaltire le giacenze di parti meccaniche a magazzino.
Lo stabilimento occupava in quel periodo circa 300 persone e la produzione era arrivata nel 1914, poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale a 272 veicoli, comprendendo nella gamma qualche autocarro. Il conflitto portò a due episodi particolarmente importanti per la storia della casa automobilistica: il primo fu l'entrata nella compagine azionaria della società dell'ing. Nicola Romeo, da cui appunto la nuova ragione sociale "Alfa Romeo" (dopo la vendita dell'azienda alla Banca Italiana di Sconto), ed il secondo inteso a una diversificazione della produzione, non più incentrata solo sugli autoveicoli bensì dedicata ad altri campi e alle commesse militari. L'entità di queste ultime fu talmente elevata che l'Alfa dovette rinunciare per lungo periodo alla costruzione di automobili, consentendo allo stabilimento di essere ampliato, con l'edificazione di tre nuovi capannoni, destinati ad accogliere durante la fase bellica "1915-1918" le attività connesse alla fabbricazione di automezzi militari, compressori d'aria, proiettili, granate, lanciafiamme e persino motori aerei, portando la forza lavoro occupata nel 1919 a 2.200 addetti.
I primi anni del dopoguerra segnarono a una ripresa della produzione automobilistica per i primi tempi basata ancora sui vecchi modelli; la crisi economica e sindacale dovuta alla riconversione delle attività ad uso civile generò la necessità di individuare nuove aree di mercato, focalizzando l'attenzione della società nel settore delle macchine agricole, avviando al Portello una linea destinata alla costruzione di un trattore, il Romeo,
A seguito dell'estromissione di Nicola Romeo dai vertici della società, la carica di direttore generale dell'azienda passò nelle mani di Pasquale Gallo e con il processo di inglobamento nell'IRI, fra le aziende controllate dallo Stato Italiano, al manager Ugo Gobbato.
Nel corso degli anni trenta l'Alfa Romeo concentrò al Portello la produzione di una gamma di autocarri medi e di grandi dimensioni, frutto di un'intesa con la tedesca Büssing, dando seguito allo sviluppo dei modelli: 50, 80, 85, 110, 350; utilizzando al contempo alcuni autotelai per l'allestimento di autobus, facendo della fabbrica milanese uno dei siti metalmeccanici più importanti dell'economia lombarda, grazie a una riorganizzazione interna del lavoro basata su tre importanti divisioni: quella dedicata ai veicoli industriali, ai motori aeronautici ed al settore auto, che vide tra l'altro il debutto della leggendaria 8C
Dopo l'apertura del primo stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco in Campania una parte delle attività aeronautiche vennero trasferite nel nuovo impianto, dando origine nel corso del secondo conflitto mondiale all'Alfa Romeo Avio, che acquisì enorme importanza nel processo delle commesse militari dedicate al Regio Esercito Italiano; compito al quale rispose anche la fabbrica milanese, soprattutto con la produzione di camion, vedendo la sua forza lavoro giungere a 8.000 persone fino ai bombardamenti del 1943-1944, quando il Portello fu pesantemente danneggiato.
Il termine del conflitto portò, oltre che il decesso di Ugo Gobbato, alla necessità di una totale ricostruzione degli edifici e a una riconversione della produzione ai settori civili fino a quel momento inesplorati, come nell'ambito della commercializzazione di alcuni prodotti come gli elettrodomestici; il settore automobilistico visse per i primi anni dei modelli sviluppati nell'anteguerra, seppur migliorati secondo le nuove regole di mercato e tutto il complesso dava lavoro nel 1950 a poco meno di 6.000 persone.
La produzione automobilistica era ancora artigianale ed incentrata sulle piccole serie. Tutto cambiò con l'avvento di Giuseppe Luraghi ai vertici di Finmeccanica, azienda proprietaria dell'Alfa Romeo. Luraghi trasformò la fabbrica artigianale in un moderno stabilimento produttivo di automobili. Durante questi anni la fabbrica fu ulteriormente potenziata grazie pure al successo dei modelli progettati sotto la direzione di Orazio Satta Puliga e costruiti su vasta scala, come ad esempio la Giulietta e ancor prima la 1900. Proprio per questo vennero installate nell'impianto le prime catene di montaggio complete automatizzate, che portarono ben presto al trasferimento delle ultime attività legate ai veicoli industriali a Pomigliano d'Arco.
A fine anni cinquanta la Renault era intenzionata ad entrare nel mercato italiano con l'idea di aggirare i dazi doganali, dunque raggiunse un accordo con l'Alfa Romeo per produrre in Italia la Dauphine. Il 23 giugno 1959 si avviò nella fabbrica lombarda l'assemblaggio della vettura francese, accanto alla linea della Giulietta, l'inaugurazione della nuova catena di montaggio rientrò nelle celebrazioni per il centenario della seconda guerra di indipendenza a cui partecipò anche il neo presidente della Repubblica francese Charles de Gaulle.
Milano però stava cambiando espandendosi urbanisticamente verso le aree agricole. Il Portello prima era in periferia della città, ma già dagli anni trenta iniziava ad essere circondato da un agglomerato urbano piuttosto inteso, che nella seconda metà degli anni cinquanta aveva raggiunto i limiti perimetrali della fabbrica, non concedendo spazi per ulteriori ampliamenti dell'impianto. Allora il consiglio di amministrazione della casa prese la decisione di costruire a pochi chilometri di distanza dal capoluogo lo stabilimento Alfa Romeo di Arese, più moderno e al passo con i tempi.
Avviata nel 1962 al Portello la produzione della Giulia, questa passò ben presto in definitiva sotto le dirette competenze di assemblaggio della fabbrica di Arese, lasciando all'impianto milanese il compito di produrre alcuni motori, parti meccaniche e autovetture premium, ovvero la sostituta della 2000 la Alfa Romeo 2600, che fu l'ultima automobile del marchio ad uscire dalle linee di montaggio della fabbrica milanese tra il 1961 e il 1969.
Nel 1974, infatti, all'epoca delle dimissioni di Luraghi da amministratore delegato di Alfa Romeo la decadenza della fabbrica del Portello era oramai visibile, del resto gli uffici commerciali e di dirigenza della casa automobilistica erano già stati nel frattempo trasferiti ad Arese, ma l'impianto era ancora attivo, principalmente legato all'attività di allestimento di gruppi meccanici e alla progettazione di nuove autovetture e motori.
Negli anni successivi altre varie competenze traslocarono ad Arese e lo stabilimento si restrinse sempre più, perdendo innanzitutto alcune parti del nucleo posto a sud all'interno della Circonvallazione di Milano; tali spazi vennero perlopiù inglobati nel polo fieristico in piena espansione.
Con la conclusione di ogni attività industriale nel sito milanese l'ultimo operaio dell'Alfa Romeo venne trasferito ad Arese nel 1986.
Dopo il passaggio di proprietà dell'Alfa Romeo al Gruppo Fiat, fino al 1989, rimasero in funzione al Portello solamente gli uffici del Centro Stile, in attesa del suo completo trasferimento ad Arese; dopodiché, la gran parte dell'area della ex fabbrica milanese è stata ceduta al comune di Milano che ha previsto la costruzione di diversi edifici fieristici (oggi ribattezzati Fieramilanocity), un nuovo quartiere residenziale, degli spazi a verde (Parco del Portello e Parco Vittoria) ed alcuni uffici e negozi con annesso centro commerciale.
La fabbrica del Portello è stata l'emblema della grandezza industriale di Milano ed ha fatto la storia dell'automobilismo italiano. La sua demolizione è stata completata nel 2004. All'epoca dell'abbattimento degli ultimi capannoni (fortemente osteggiata dagli appassionati del marchio Alfa Romeo) questi ultimi contenevano ancora prototipi, sale prova integre, macchinari e motori sperimentali, disegni e parti meccaniche in fase di sperimentazione. Durante gli anni di abbandono lo stabilimento servì anche per ospitare le riprese cinematografiche del film Nirvana di Gabriele Salvatores.
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