giovedì 7 ottobre 2021

PALAZZO SPINOLA

è un palazzo cinquecentesco di Milano, pesantemente rimaneggiato nel corso dell'Ottocento. Storicamente appartenuto al Sestiere di Porta Nuova, si trova in via San Paolo 10. Dal 1808 è sede della Società del Giardino.


Quando Tommaso Marino si trasferisce a Milano nel 1546 porta con sé un giovane di circa vent’anni, Leonardo Spinola, che ospita nella sua casa e che lavora nella sua grande impresa finanziaria come scrivano e cassiere. Il giovane era uno dei tanti Spinola genovesi che non avevano quarti di nobiltà, doveva aver già dimostrato notevoli attitudini in campo bancario ed apparteneva probabilmente ad una famiglia con pochi mezzi se è vero che si vantava, molti anni dopo, di essere arrivato a Milano “con doi real in borsa”.
La carriera del giovane, all’ombra del grande banchiere, è molto veloce, aiutata anche dal suo matrimonio con Isabella, figlia naturale di Giovanni Marino, fratello di Tommaso. Nel 1551 il papa Giulio III lo nomina collettore delle decime di Milano e Piacenza, incarico che gli verrà rinnovato da Paolo IV cinque anni dopo.
Nel 1552 richiede la cittadinanza milanese e in questa richiesta manifesta già i primi segni di quella “disinvoltura” che lo caratterizzerà in seguito, spacciandosi per nobilis. Nel 1559 ha già una propria attività mercantile perché fornisce al governatore di Milano, il duca di Sessa, 142 pezzi di artiglieria. Che sia ormai un imprenditore e che goda della piena fiducia del vecchio Marino lo si vede anche dal fatto che, nel 1560, si impegna, accanto al grande banchiere genovese, in un prestito allo Stato di Milano di ben 200.000 scudi. Sappiamo inoltre che in questo stesso anno si reca a Madrid, sempre per il Marino, a trattare gli appalti delle imposte locali. E’ diventato ormai un membro della famiglia Marino e passa gran parte del suo tempo nel palazzo che sta sorgendo in piazza San Fedele, anche se aveva già fissato la sua dimora nella contrada di San Paolo in Compito, in una casetta presa in affitto.
Tutto andrebbe nel migliore dei modi se Leonardo non avesse manifestato in questi anni una malsana passione per il gioco d’azzardo che gli brucerà molte risorse. Conosciamo questa sua debolezza da un documento dell’Ospedale Maggiore con il quale Leonardo si impegna con l’ente di pagare 6.000 scudi d’oro (circa mezzo miliardo) se avesse giocato ancora. Perderà la scommessa l’anno successivo (1561), ma rischierà di perdere molto di più perché il Marino fa revisionare i conti dello Spinola e si accorge di un forte ammanco nella gestione del dazio del vino e della macina per gli anni 1558-59. Emerge anche che lo Spinola sottraeva contanti dalla cassa del Marino per prestarli al Marino stesso. In totale, mancavano 395.343 lire imperiali (sei o sette miliardi). Alla denuncia segue una prima condanna, e qui emerge tutta l’abilità del nostro disinvolto banchiere. Leonardo infatti riesce a corrompere gli impiegati del Marino inducendoli a far sparire i libri contabili che provavano i suoi imbrogli e fa quindi sospendere l’esecuzione della condanna che lo obbligava al risarcimento. Nel frattempo, il 24 gennaio 1562, mette al sicuro parte dei suoi soldi comperando, con l’aiuto di un altro banchiere - Alberto Litta - che gli fa da prestanome, la casa dove abitava in via San Paolo, primo nucleo del futuro palazzo.
Rotti i ponti con il Marino e messi al sicuro i soldi lecitamente e illecitamente accumulati, Leonardo Spinola agisce ormai in proprio e allo scoperto procedendo speditamente a darsi una dimora adeguata ai suoi mezzi. Gli acquisti dei lotti adiacenti alla sua prima abitazione si susseguono tra il 1566 e il 1580 con questo ritmo:
- 8 giugno 1566, acquisto della casa di Francesco Crivelli su San Pietro all’Orto con giardino;
- 13 settembre 1566, acquisto della “chiodera” (forse una fabbrica di chiodi) che si trovava al centro dell’isolato tra San Paolo e San Pietro all’Orto;
- 13 settembre 1567, acquisto di un quinto di casa su San Pietro all’Orto;
- 2 marzo 1568, acquisto di un piccolo magazzino;
- 2 settembre 1572, acquisto della “chiodera” unita alla precedente;
- 8 maggio 1579, acquisto della casa dei Porro su via San Paolo che si trovava a fianco della sua casa verso l’attuale Corso Vittorio Emanuele e che unita alla sua prima casa formerà il fronte del palazzo sulla via San Paolo.
L’insieme di questi lotti formava un’area abbastanza ampia che si estendeva tra le vie San Paolo e San Pietro all’Orto, con un piccolo passaggio anche sulla Corsia del Gambaro, come si chiamava allora quel tratto di Corso Vittorio Emanuele.
I lavori minori di adattamento si susseguono dopo ogni acquisto, ma i lavori relativi al vero e proprio palazzo - facciata e cortile - iniziano solo nel 1580 dopo l’importante acquisizione della casa dei Porro. Per questi ultimi lavori, che richiedevano un architetto capace di conferire all’insieme un aspetto decoroso, si è parlato del Seregni o di Pellegrino Tibaldi, ma ormai molti concordano sull’attribuzione dei disegni a Martino Bassi, architetto della Fabbrica del Duomo che, tra l’altro, abitava anche lui in via San Paolo. Il suo nome compare in un contratto tra lo Spinola e l’impresa di costruzione nel quale viene nominato arbitro in caso di contestazione.
I lavori conclusivi vengono eseguiti da mastro Pietro da Lonato tra il 1587 e il 1588. Si trattava di costruire il nuovo cortile con portici e loggiati sul lato dell’ingresso e sul lato opposto, adattare le due case preesistenti alle nuove esigenze e realizzare la facciata. Resta com’era la vecchia torretta che si affaccia ancora sul giardino, un’elegante costruzione degli inizi del Cinquecento che qualcuno attribuisce al Cesariano. Nel contratto con l’impresa infine viene specificato che il portale in pietra verrà fornito dallo stesso Spinola, che l’aveva acquistato per suo conto, forse da qualche creditore. La facciata presenta la particolarità di due finte finestre al piano terreno, ai lati del portale, un elemento architettonico che non trova facili spiegazioni. Sappiamo comunque che quest’idea appartiene al progetto originario perché nel contratto per la facciata si parla espressamente di “finestre n. 6 et due finte et alli luoghi di sopra finestre n. 9”. Sul coronamento della facciata, tra le mensole del cornicione, viene riportata la scritta: LEONARDO ET VIRGINIA SPINOLA DELIA ET HONORATO FIGLI MDIIIC.
Il fatto di aver derubato il vecchio Tommaso Marino non doveva dispiacere molto all’ambiente finanziario milanese. Forse è addirittura un titolo di merito per lo Spinola che prosegue tranquillamente la propria attività legandosi strettamente con i principali banchieri della città. Abbiamo già visto che Alberto Litta lo aiuta nell’acquisto della sua prima casa, che si trovava vicinissima alle case dei Litta, situate in quel periodo sul lato opposto della Corsia del Gàmbaro, dov’è oggi la Galleria del Corso. Negli anni seguenti lo Spinola si lega anche ad altri importanti banchieri milanesi come i Cusani e il Negrolo. Nel 1579, per esempio, ottiene assieme a questi banchieri la gestione della gabella di Cremona. Nel 1587-88 lo Spinola e molti altri banchieri milanesi vengono processati per irregolarità nella gestione dei fondi prestati loro dai governatori.
La prosperità dello Spinola non raggiunge mai livelli molto elevati a causa del vizio del gioco, che provoca continue denuncie per piccole insolvenze. Lo Spinola, prima dei 60 anni, quando venivano per arrestarlo, usava rifugiarsi nel vicino convento di Santa Maria dei Servi (ecco l’utilità dell’uscita posteriore!). Dopo i 60 anni li aspettava tranquillamente a casa dato che la legge milanese impediva l’arresto per coloro che avevano superato quest’età. Nel 1590 però, perseguitato dai creditori, deve fuggire a Madrid dove si trattiene tre anni finché non riesce ad ottenere le remissione dei suoi debiti.
Molte cose intanto erano successe nell’ambito della sua famiglia. Dalla prima moglie, Isabella Marino, Leonardo ha soltanto una figlia - Delia - che l’8 febbraio 1570 sposa il conte Giovanni Anguissola che abitava in corso di Porta Romana. Nato nel 1510 circa, l’Anguissola era stato il capo dei congiurati che avevano ucciso Pier Luigi Farnese il 10 settembre 1547 per conto del re di Spagna. Si era poi rifugiato a Milano dove viveva nel terrore di una vendetta da parte dei Farnese. Nel 1560, nominato governatore di Como, per sfuggire ai sicari si era costruito la Villa Pliniana nei pressi della famosa sorgente già descritta da Plinio per la sua ritmica variazione del gettito d’acqua. Non aveva figli e forse il suo matrimonio con Delia Spinola, di 40 anni più giovane di lui, aveva proprio lo scopo di avere un erede. Comunque anche i 25.000 scudi d’oro di dote non guastavano. Morirà invece nel 1578 senza eredi lasciando a Delia la casa di Porta Romana dove continuerà a vivere per molti anni. Nel 1573, rimasto vedovo, Leonardo si risposa subito con Virginia Spinola (che apparteneva al ramo patrizio della famiglia Spinola). Dalla nuova coppia nascerà Onorato e altri due figli morti nella prima infanzia. Quando nel 1590 Leonardo deve fuggire a Madrid, la moglie e il ragazzo si rifugiano dai parenti a Genova dove Onorato muore di vaiolo.
Al suo ritorno dalla Spagna ad attenderlo ci sono dunque soltanto la moglie e la figlia Delia. Termina i lavori del palazzo e muore il 22 febbraio 1598.
Ci resta un realistico resoconto della sua morte fornito dalla testimonianza di un servitore che era presente e che racconta l’episodio durante un processo svoltosi nel 1604:
... il Sig. Leonardo muore del anno 1598, alli 22 di febbraio ... il giorno di dominica, nell’hora del desinare, et morse in una stanza che altre volte si adoperava per tinello, vicino alla cucina da basso, intrandovi nel palazzo a sinistra nella prima cortina sotto il paramento di velluto argentino: fu presente alla morte di esso Sig. Leonardo la detta Sig. Virginia et vi era la Sig. Contessa Delia filia ... et la Sig. Luisa madre del Sig. Marchese Marino, et li erano li frati Capuzini et altri di casa, che andava et chi veneva. “
Non sappiamo chi fosse questa signora Luisa della famiglia Marino, ma la sua presenza è certamente dovuta all’ultimo testamento dello Spinola, redatto pochi giorni prima di morire nel quale vengono nominati eredi i Marino come risarcimento dell’antica truffa esercitata nei confronti di Tommaso. Le contestazioni non si fanno attendere. Viene effettuato subito un inventario dei beni del palazzo e fioccano le cause. Sia Delia che i Marino, separatamente, citano in giudizio Virginia che non intende cedere il palazzo. Nel 1604 si svolge il processo tra Virginia e la figliastra, che non riesce a far valere i suoi diritti. Più lunga e tormentosa la vicenda con i Marino, che si conclude soltanto nel 1614 con un compromesso secondo il quale alla sua morte questi sarebbero entrati in proprietà del palazzo in via San Paolo come risarcimento per i soldi sottratti da Leonardo ai Marino.
In questi atti il palazzo figura ancora ripartito in tre lotti: il vecchio palazzo di sinistra con la torretta, le chioderie verso il giardino, la parte già dei Porro che resta distinta dall’altro lato perché era stata pagata a rate e con molte contestazioni, prolungatesi fino al 1601. Quando Virginia muore nel 1631 (qualcuno legge 1621) lasciando molti beni alla Misericordia e al Fatebenefratelli, il palazzo passa quindi agli eredi Marino che l’affittano prima al finanziere genovese Stefano Balbi che redige un secondo inventario l’11 settembre 1636 e pochi anni dopo ad un certo conte della Rivera che redige un terzo inventario (datato convenzionalmente 1640). Il 2 luglio 1643 il palazzo viene venduto a Domenico Odescalchi di Como, che lo cede tre anni dopo (30 maggio 1646) a Giacinto Airoldi appartenente anch’egli ad una notissima famiglia di banchieri. Dagli Airoldi passerà poi nel 1784 a Francesco Cusani, i cui eredi lo cederanno nel 1818 alla Società del Giardino che ancora lo possiede.

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