mercoledì 29 settembre 2021

EL PRET DE RATANA'

 

Era nato a Sant’Ambrogio Olona il primo marzo 1867 e sviluppò la capacità di riconoscere le malattie e di guarirle durante il servizio di leva prestato a Caserta come addetto alla sanità, tra il 1887 e il 1888.

Questa sua dote fu malvista dalle gerarchie ecclesiastiche del tempo che lo giudicarono un “prete scomodo” e lo trasferirono in parrocchie periferiche, da Pogliano Milanese a Cabiate, da San Vittore a Peregallo di Lesmo fino a Retenate, località del Comune di Rodano, che gli diede il soprannome con cui fu chiamato.
Le sue qualità di guaritore erano esercitate attraverso modalità paranormali unite alla sua capacità di usare erbe e medicamenti naturali e, pare, fossero capaci di debellare qualunque malattia. Con il numero di malati che lo ricercavano crebbe anche il numero dei suoi nemici, non solo all’interno della chiesa, come il conte Alessandro Greppi, nei cui possedimenti si trovava la parrocchia di don Giuseppe, che nel 1901 chiese e ottenne dall’allora Arcivescovo di Milano, cardinal Ferrari, la sua sospensione a divinis (sospensione che fu in seguito revocata).
Nel 1926 Don Gervasini ricevette in dono, da un uomo che aveva guarito, una piccola casa in via Fratelli Zoia, in prossimità della Cascina Linterno, situata oggi nella zona di San Siro, ai confini del parco delle Cave. In quella casa si trasferì e continuò a operare, consacrando anche la prima pietra della nuova chiesa di Sant’Elena nel 1938, fino alla morte nel 1941. Negli ultimi anni della sua vita trovò conforto anche nell’Arcivescovo Ildefonso Schuster, che lo ammirava.
Ai suoi funerali partecipò una folla immensa, e molti suoi beneficati aprirono una sottoscrizione affinché gli venisse data sepoltura nel Cimitero Monumentale di Milano.
Dopo pochi anni dalla sepoltura la sua tomba è stata spostata in un’area con uno spiazzo più vasto del cimitero stesso, per il gran flusso quotidiano di pellegrini che accorrono ancora oggi a pregare sulla sua tomba.
La Chiesa non ha mai proceduto al processo di beatificazione, non ritenendo valide le prove della sua attività miracolosa.
I casi più clamorosi di guarigioni operati da don Giuseppe Gervasini
testimonianze.
● Un consiglio a distanza. «Ven no giò de la bicicletta, va a ca e mett l’oli in l’oreggia e te starè ben» (Non scendere dalla bicicletta, va a casa e metti l’olio nell’orecchio e starai bene).
«In la toa cort a gh’è un gels, ciappa i foii e fa on decott. Ti te gh’è bisogn de cambià el sang» (Nel tuo cortile c’è una pianta di gelso, prendi le foglie e fa un decotto. Tu hai bisogno di cambiare il sangue.
● Con una persona spaventata. «De on stremissi te sèe malàa e de on stremissi te devet guarì» (Ti sei ammalata per uno spavento e devi guarire per uno spavento). E quando meno il poveretto se l’aspettava lo scaraventava nel fosso che scorreva nell’orto spaventandolo a morte. Ma poi il paziente ne usciva sano e salvo e stava bene.
● A un Monsignore che da tempo soffriva di disturbi al fegato. «Tel set, el fidegh quand l’è malàa, el diventa piccol, piccol, fin a quand… piff… et scioppa e addio» (Lo sai, il fegato quando è malato diventa piccolo piccolo, fino a quando… piff… si spezza e addio, non c’è più niente da fare).
● Ad un paziente tormentato da un eczema alla faccia. «Brutta stupida ciappa la bula del fèn, falla buì e mettela su cont on panett bel nett, te guarissarett» (Prendi la polvere che resta sotto il fieno, fanne un infuso e applicatelo sul viso con un fazzoletto ben pulito e guarirai).
● Una volta gli fu portata “ona tosetta (bambina) che la faseva et pissin addòss de nott (aveva l’enuresi notturna); la fece spogliare, salvo le mutandine, la accompagnò per mano sulla porta e poi “con ona pesciada all’improvviso (con un calcio improvviso) la scaraventò nel fossett che girava intorna a la cassina (nella roggia che scorreva attorno alla cascina). La bambina uscì guarita.
● «Ciapa quest’erba chi e falla büj, bèven en cuggià tutti i dì a la mattina, in co’ a una settimana te g’hè pu nient» (prendi quest’erba e falla bollire, bevi un cucchiaio tutti i giorni alla mattina, dopo una settimana non hai più niente, sei guarita).
Quanti ricordano ancora frasi come questa, pronunciata dal Pret de Ratanà, o sentite ripetere dalle nonne e dalle mamme?
Termino con una domanda: “È vero che el Pret de Ratanà diceva tante parolacce?”. Ecco la testimonianza di don Luigi del Torchio, che anch’io ho conosciuto.
“Gentile signora, sono il parroco di… e grande devoto (sic!) di don Giuseppe Gervasini, ancorchè lontano parente da parte di mamma. Infatti mio bisnonno era un Molinari di Bardello (io sono di Gavirate) appunto parente della mamma del Pret de Ratanà.
Le scrivo per dire una parola circa le espressioni poco gentili (diciamo pure rozze e triviali) di don Giuseppe. Sono sicuro che queste come la sua grande generosità sono un’eredità della mamma in quanto è nella tradizione e nel sangue dei Bardellesi gente dalla parlata scurrile ma dal cuore grande come il mare.
A noi dei paesi circonvicini facevano scandalo ma loro non avvertivano minimamente la sconvenienza delle loro espressioni.
Questo lo dico per “difendere” in qualche modo don Giuseppe e per assolverlo da tanti giudizi negativi sulla sua persona e in quanto sacerdote.

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