
Le fontane pubbliche milanesi sono tra i simboli della città che ne conta circa 668. C’è chi le chiama Vedovelle per via del rumore dello scrosciare dell’acqua che ricorda il pianto delle vedove o draghi verdi, più semplicemente per la forma della bocchetta e per il colore verde della struttura.
Alte un metro e mezzo, con pignone in cima, recano lo stemma del Comune marchiato sulla base quadrata e sul fondo sono munite di una bacinella di forma circolare che raccoglie l’acqua e nella quale di solito si dissetano gli animali, dai cani agli uccellini. Secondo la tradizione la prima delle “vedovelle” installate a Milano risalirebbe alla fine degli anni ’20 del Novecento: non a caso questa particolare fontanella, che si trova in Piazza della Scala, è costruita in bronzo dorato e non in ghisa, secondo il disegno dell’architetto Luca Beltrami, che si sarebbe ispirato a uno dei doccioni del Duomo .
Ci si potrebbe lamentare del flusso continuo che sgorga dalla bocca di drago delle fontanelle, ma in realtà bisogna tenere in considerazione alcuni elementi. In primis il flusso d’acqua serve a mantenere il liquido in movimento, in modo da preservarne la freschezza e la buona qualità ed evitando la stagnazione e la formazione di flora batterica attorno alla bocca da cui sgorga.
Inoltre bisogna considerare che la quantità d’acqua distribuita è minima rispetto a quella che erogata dall’intero acquedotto della città, che può vantare un gettito medio di circa 7500 litri al secondo, mentre tutte le fontanelle di Milano arrivano a soli 10 litri al secondo. E infine tutta l’acqua che non viene bevuta o impiegata direttamente non è affatto dispersa e sprecata, ma tramite la fognatura arriva ai depuratori della città e da qui viene distribuita ai vari consorzi agricoli che la utilizzano per irrigare i campi agricoli.
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