Nonostante il bellissimo monumento funebre che lo ricorda, non visse mai nella fortezza di Porta Giovia, ma risiedette nella rocca di Porta Romana, che ora non esiste più. Il Castello che poi diventerà Sforzesco, infatti, era di proprietà del fratello, Galeazzo II, che aveva il potere sulla parte occidentale della città. Ma perché parliamo di Bernabò allora? Perché il nipote, Gian Galeazzo, lo fece rinchiudere nella Rocchetta il mese di maggio del 1385, prima di mandarlo nel Castello di Trezzo dove morirà avvelenato mangiando una scodella di fagioli. La città ebbe così un solo Signore, colui che diverrà il primo Duca di Milano: Gian Galeazzo Visconti .
Gli astri avversi
Filippo Maria Visconti, nonno da parte di madre di Ludovico il Moro e ultimo dei Visconti, abitò per lungo tempo negli appartamenti della Rocchetta. Vi si rinchiuse volontariamente, per paura di essere ammazzato, fino alla morte avvenuta nel 1447 all’età di 55 anni. Uomo paranoico e superstizioso credeva nell’astrologia come una scienza, e non prendeva nessuna iniziativa se non dopo aver consultato gli astrologi e le loro predizioni per il futuro. “Dietro le istruzioni di costoro, sceglieva i giorni adatti alla guerra, quelli alla pace, e investigava quali fossero i migliori per mettersi in viaggio e quali per riposare.” (Decembrio)
Era malato dalla nascita a causa della consanguineità dei genitori, era infatti figlio di due cugini di primo grado. Da bambino soffrì di rachitismo, le gambe erano tanto magre da non riuscire a sostenere il peso del corpo, e così i piedi gli si deformarono e fu costretto a camminare col bastone per tutta la vita. Si sposò due volte, ma nessuna delle mogli gli diede eredi. Ebbe un’unica figlia, Bianca Maria, da Agnese del Maino, l’amante prediletta. Bianca venne legittimata e con lei continuerà la stirpe viscontea nel cognome degli Sforza, infatti, diventerà la sposa di Francesco Sforza, madre di Ludovico il Moro e Galeazzo Maria.
La Torre della Duchessa
Entrando nella piazza delle Armi si vede una bellissima torre quadrangolare, la più alta di tutte, si chiama torre di Bona, dal nome della Duchessa che la fece costruire e che ci si rinchiuse.
Bona era la moglie di Galeazzo Maria Sforza (fratello di Ludovico) Duca di Milano dal 1466 al 1476, anno in cui venne ucciso nella chiesa di Santo Stefano a Milano. Insieme avevano avuto 4 figli, uno dei quali, Gian Galeazzo, sarebbe succeduto a capo del Ducato. Ma era molto piccolo quando il padre morì, e così Bona insieme al consigliere Cicco Simonetta dovette prendere il comando. Ma si sa che il potere è molto ambito, e al pretendente più prossimo, e cioè a Ludovico, la cosa non era certo indifferente, si ipotizzava anche che avesse partecipato all’assassinio del fratello. E così Bona rimasta vedova nel più brutto dei modi, e con un compito arduo da svolgere, ebbe la sua torre, che le consentì di stare tranquilla avendo il controllo di tutto il castello. Ma le precauzioni non servirono a lungo, fu costretta a far intervenire il cognato nell’amministrazione del Ducato, che le era sfuggita di mano. Ludovico, contentissimo, fece decapitare Cicco Simonetta, fece firmare al giovane Gian Galeazzo il passaggio di tutela dalla madre allo zio, e Bona fu mandata al castello di Abbiategrasso. Morale: mai chiedere aiuto ai parenti.
Il sistema d'allarme che tutto vede 
Come qualsiasi corte che si rispetti, anche quella degli Sforza aveva il suo Tesoro. Venne spostato dalla sala delle Asse nella torre detta della Castellana, il luogo più sicuro del castello, da Ludovico il Moro. All’interno della stanza c’è un affresco, raffigura Argo, con un fisico bellissimo, purtroppo non è più possibile vederne il volto, che qualcuno dice dovesse essere spaventoso. Argo panoptes, colui che tutto vede, era un gigante, veniva rappresentato o con un occhio solo, o con 4 (due avanti, 2 dietro) o con 100 occhi sulla testa oppure con tutto il corpo ricoperto. Si intuisce, però, che qui la testa era coronata da un diadema di penne di pavone, un modo elegante di evocare i 100 occhi, possiamo ipotizzare, quindi, che fosse bellissimo anche il viso.
Insomma Argo dai 100 occhi era un avvertimento per i malintenzionati. Ma come era possibile vedere chi entrava se nella stanza non c’era nessun custode? Di fianco al dipinto c’è una nicchia, nella quale era posizionata una candela, all’aprirsi della porta il lume si spegneva e il fumo saliva nei piani superiori avvisando i soldati. Il tesoro era al sicuro!
Giochiamo?
All’interno della Rocchetta c’è una sala, quella che ospita il famoso ciclo di arazzi raffiguranti i 12 mesi, che viene chiamata della Balla. Sapete il perché? Qui si giocava alla Pallacorda, uno sport simile al tennis, con racchette e palline, il campo era diviso da una corda.
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