venerdì 4 febbraio 2022

I MILANESI A TAVOLA

Nel Medioevo il prezzo del pane era stabilito dalla meta, e variava di anno in anno secondo il raccolto del grano; la forma del pane era prescritta da rigide disposizioni, e doveva essere unica (una mica lunga con un taglio in mezzo). Anche la qualità della farina ed il grado di cottura erano determinate, e se i " controllori ", che spesso facevano ispezioni nei forni, si accorgevano di qualche differenza o sul prezzo, o sulla forma, o sulla qualità della cottura, tutta la cotta di quel giorno era sequestrata ed andava a favore del pane di San Galdino, una istituzione benefica ideata appunto da questo Santo arcivescovo milanese nel 1166 per provvedere di cibo i poveri prigionieri cui, oltre al duro carcere, s'infliggeva la tormentosa pena della fame, giacché le autorità costituite non pensavano al loro sostentamento.
In Italia ci sono senza dubbio molte città dove gli abitanti non consumano tanto pane quanto se ne divora a Milano dai soli cani, che, secondo Galvano Fiamma, raccoglitore trecentesco di una quantità di notizie storiche, se ne contavano seimilacentoquarantanove, i quali divoravano giornalmente più pane che tutti insieme i cittadini di Lodi.
Si tenga presente che i mulini non sarebbero bastati se molti, specialmente la povera gente, non avessero mangiato castagne, fave, fagioli, lenticchie in luogo del pane di frumento e del pane di segale, o consumato largamente pane composto da una mistura di segale, di miglio e di saggina. Coloro che avevano mezzi limitati, ed erano la maggioranza, assumevano dal forte consumo dei legumi secchi le proteine in sostituzione delle carni non sempre accessibili.
A proposito del sale, secondo notizie fornite dai gabellieri incaricati a riscuoterne il tributo, se ne portavano a Milano ogni anno circa 55.830 staia delle quali, circa una metà, rimaneva dentro le mura a condir le vivande dei Milanesi.
Le botteghe dove si vendeva al minuto, secondo una sua stima prudente, si aggiravano sul migliaio ed erano ricche di ogni sorta di merci.
CONSUMO DI CARNI, CACCIAGIONE, PESCE E VINO
I macellai ammontavano a più di quattrocentoquaranta; nei loro negozi e nei macelli si vendevano copiosamente carni di ogni genere di quadrupedi conforme ai gusti del tempo.
A Milano ogni giorno, secondo un accertato calcolo fatto dal nostro cronistorico, in ciascuno dei giorni in cui era consentito ai cristiani mangiar di grasso, si macellavano settanta buoi. Ogni giorno si sgozzavano maiali, pecore, arieti, agnelli, capretti o quadrupedi d'altro genere, selvatici e domestici; Bonvesin ne dirà il numero a chi gli saprà " contare il numero delle foglie e dei fili d'erba ".
" Abbondano ottime carni di bipedi silvestri e domestici, capponi, galline, oche, anatre, pavoni, colombe, fagiani, ornici (forse coturnici o gallinacei), allodole, pernici, coturni, merli " e tutto affluisce in grande quantità ad arricchire il desco dei Milanesi.
Le carni bovine, ovine, suine e la selvaggina venivano cucinate in vario modo, secondo le possibilità dei consumatori: i poveri o i parsimoniosi sfruttavano

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