Vengono accesi dei grandi falò (o roghi) nelle piazze e bruciata la Giubiana, un grande fantoccio di paglia vestito di stracci. Il rogo assume valori diversi a seconda della località in cui ci si trova, mantenendo sempre uno stretto legame con le tradizioni popolari del luogo.
Incerta è l’origine del nome per la mancanza di fonti scritte. Alcuni sostengono che esso derivi dal culto alla divinità di Giunone (da qui il nome Joviana), altri lo ricollegano a Giove (infatti si festeggia il Giovedì): il nome deriverebbe dal dio latino “Jupiter-Jovis”, da cui l’aggettivo Giovia e quindi Giobia per indicare le feste contadine di inizio anno per propiziare le forze della natura che, secondo la credenza popolare, condizionano l’andamento dei raccolti.
Il periodo della festa coincide con le Ferie Sementive o Sementine.
La storia di questo personaggio ha diverse varianti, a seconda dell’area geografica.
Le leggende attorno a questo misterioso personaggio sono molte ed i racconti variano da zona a zona.
A volte ritroviamo la vecchiarella con il suo fedele compagno, il Gianè, ma la maggior parte delle storie riguardano solo la Giubiana, la quale assume anche diversi nomi in base alle pronunce dialettali.
Vi citerò ore alcune tra le più popolari.
Narra una vecchia leggenda brianzola, che si perde nella notte dei tempi, che verso la fine del mese di Gennaio e più precisamente l’ultimo giovedì, una vecchia signora caduta in disgrazia, accompagnata dal suo fedele compagno Giané, girasse di notte nei cortili e nelle vecchie cascine alla ricerca di cibo poiché le dispense della sua casa erano ormai vuote.
Per non mostrare la grande povertà che si riscontrava anche sui loro abiti e per non creare disagio agli umili contadini, giravano silenziosi, quasi con religioso rispetto, avvolti dal freddo e dalla nebbia che li abbracciava con tenerezza, con il suo manto leggero ed impalpabile.
I contadini fingevano di non vederli, però mettevano sulla finestra delle loro case un piatto con un poco di risotto affinché anche questi due poveretti potessero godere di quanto la loro modesta tavola offriva, in attesa che la buona stagione portasse buone cose per tutti.
Passati i due ospiti a ritirare il cibo, i contadini uscivano nel cortile e bruciavano alcune stoppie quasi a simboleggiare la volontà e il desiderio di cancellare con il fuoco questa immagine di povertà e di tristezza e affinchè la cenere rimasta da questo piccolo falò potesse servire da concime per i loro campi per un miglior raccolto.
Oggi la giuliana è ancora festeggiata a Canzo /Co)
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