venerdì 7 gennaio 2022

CENTRALE DEL LATTE DI MILANO

Con l'avvento del fascismo negli anni '20, il problema del latte alimentare diventava di interesse nazionale.il primo intervento legislativo del 9 maggio 1929 nota come la "carta del latte". Essa per la prima volta indicava nella pastorizzazione il processo fondamentale per rendere sano e sicuro il latte alimentare. La "carta" sanciva altresì la nascita di un nuovo organismo, la Centrale del Latte comunale, con il compito di ricevere, trattare e distribuire il latte alimentare nei mercati cittadini. 
Milano consumava mediamente tra 170.000 e 190.000 litri al giorno: un piccolo "fiume".
Nella seconda metà degli anni '20, le autorità municipali decidevano di costruire a Milano la più grande Centrale del paese e, forse, d'Europa. Per la futura gestione dell' azienda, l'amministrazione comunale stabiliva di non procedere a una municipalizzazione, ossia una gestione diretta dell'azienda da parte delle autorità cittadine, ma di concedere la gestione a imprenditori privati. Dopo un processo di scelta, che vide scatenarsi gli interessi contrapposti degli operatori del settore, la conduzione della nuova azienda veniva affidata alla" Società anonima generale centrali del latte".
Le sofisticazioni, così diffuse da costituire quasi la norma, ponevano a serio rischio la salute pubblica: come sottolineavano alcune statistiche, "l'entità dell' annacquamento in un gran numero di casi oltrepassò il 20% e il 30% e talvolta anche il 40%. Si ebbe un caso col 46% e uno col 91 %". tensioni dei produttori di latte, infuriati per essere stati esclusi dalla gestione, si aggiungevano l'ostilità dei lattivendoli (la sigillatura delle bottiglie impediva sofisticazioni e annacquamenti) e lo scetticismo degli stessi consumatori.Intorno al prodotto si diffondevano le voci più strane, alimentate ad arte soprattutto dai lattai. Si diceva, ad esempio, che la pastorizzazione eliminava le sostanze grasse e riduceva il valore nutritivo dell'alimento e rendeva il latte poco adatto al consumo da parte dei bambini e degli ammalati. Si diffuse addirittura la notizia che il latte pastorizzato veniva trattato con "farine e sostanze chimiche nocive alla salute".
La nuova Centrale, che sorgeva su un'area comunale racchiusa tra Via Castelbarco, Viale Toscana e l'oasi verde del parco Ravizza, occupava quasi 500 dipendenti ed era considerata un' azienda modello dal punto di vista tecnologico e organizzativo: una "azienda dei tempi moderni", reputata "la più vasta e potente di quante in esercizio", un fiore all'occhiello del capoluogo lombardo per la modernità degli impianti. A poco a poco i consumatori compresero che il latte della nuova Centrale era qualitativamente migliore e che la pastorizzazione evitava il diffondersi di infezioni e di malattie. L'azienda era presente alle fiere campionarie, istituiva la "giornata del latte" (in cui venivano distribuiti gratuitamente centinaia di ettolitri di prodotto) e organizzava visite allo stabilimento per le scolaresche. Del resto, i positivi risultati del nuovo sistema di produzione del latte furono presto evidenti a tutti: la diffusione delle malattie infettive, e in particolare del tifo, andava calando in modo vertiginoso, mentre il consumo di latte aumentava sensibilmente. La Centrale del Latte riscuoteva ormai la fiducia di tutti i milanesi.
Verso la metà del 1942 la carenza di materia prima rendeva impossibile sia rifornire completamente la città, sia distribuire il prodotto con regolarità, a questo scopo, ogni latteria disponeva di un registro con l'elenco dei capifamiglia possessori di carta annonaria, cui era concessa una determinata razione di prodotto. 
Sul finire degli anni quaranta, si faceva strada fra gli amministratori del Comune di Milano l'intenzione di municipalizzare l'azienda, cioè di rilevarne direttamente la gestione. 
la Centrale del Latte diventava un'azienda municipale e, a partire dallo dicembre 1950, la direzione veniva affidata a una commissione di assessori guidati da Lino Montagna.
A partire dal luglio 1960, l'azienda cessava di essere amministrata direttamente dal Comune e assumeva maggiore autonomia operativa, anche se i dirigenti continuavano ad essere designati dal Municipio. Sul fronte dei processi produttivi, già sul finire degli anni '50 il vecchio stabilimento era stato abbattuto ed erano stati costruiti nuovi impianti in grado di fornire lavorazioni che andavano ben oltre la semplice pastorizzazione.Al tradizionale latte pastorizzato essa affiancava altri tipi di prodotto: il latte omogeneizzato,confezionato nella tradizionale bottiglia a collo largo, zigrinata e chiusa con una capsula di alluminio rosso (da cui il nome "el rùs", cioè "il rosso" in milanese),
"Latte Duomo", sterilizzato' omogeneizzato intero; o il "Latte magro", omogeneizzato e scremato a poco più dell' l %.
Venivano sperimentati anche prodotti del tutto innovativi, come le bibite a base di latte: basti ricordare in proposito la "Milanin", aromatizzata alla banana, al cacao o al caffè. Anche la confezione veniva rinnovata: dal 1962 la gloriosa bottiglia in vetro cedeva il passo al cosiddetto tetrapak, cartone per alimenti di forma piramidale. La Centrale di Milano era la prima azienda in Italia ad adottare il meccanismo dei premi di qualità nell'acquisto della materia prima: il latte che alle analisi risultava migliore veniva pagato di più. Questo spingeva i produttori a migliorare la qualità del latte eliminando le possibili malattie del bestiame. Il primo impegno in questo senso riguardava l'eliminazione della tubercolosi bovina dagli allevamenti. Nel 1967 la Centrale milanese, ricevendo il "plauso" e il "compiacimento" della FAO, raggiungeva l'invidiabile primato di cancellare completamente la tubercolosi dalle stalle e indirizzava le proprie energie verso l'eliminazione di altre patologie, con l'obiettivo di passare "dal miglior latte italiano al miglior latte europeo".La Centrale dei milanesi. Su questi solide basi si costruiva nei decenni il rapporto tra la Centrale, vera e propria istituzione del latte, e il cittadino milanese. Essa offriva il latte caldo allo stadio, il latte fresco d'estate nei "bar bianchi" al portico Sempione e nei giardini pubblici; vendeva per le strade i suoi prodotti nei "pullman-bar", creati appositamente per "avvicinare la massa dei consuma- tori informandoli sulla importanza del latte"; organizzava annualmente concorsi in tutte le scuole per il miglior tema, poesia o disegno sull'argomento del latte. Dal punto di vista commerciale, questo legame si trasformava in una posizione dominante anche quando i regolamenti del mercato unico europeo imponevano nel 1973 la completa liberalizzazione del settore del latte. La Centrale aveva acquisito e consolidato nel corso del tempo un primato che le aziende concorrenti non sarebbero più riuscite a scalfireNessuna descrizione della foto disponibile.La Centrale, prima ancora di essere un'azienda, era un'istituzione milanese, perché così era stata percepita dai cittadini abituati a una presenza costante e a un marchio vissuto come proprio. Per alcuni milanesi, la Centrale era l'immagine di una confezione di latte, come il tetra pack piramidale, o il ricordo di una gita scola-stica nello stabilimento di Via Castelbarco, o il pettorale bianco, blu e rosso della Stramilano, o la crema di cacao ricevuta in dono nelle gare di corsa sponsorizzate dall' azienda. Il marchio della Centrale era diventato una presenza costante nella città, come l'adesivo sulla porta di vetro delle vecchie latterie, a testimonianza di un lungo cammino percorso in comune, di una storia scritta insieme nel corso del tempo. 2006 la chiusura.Nata nel 1927 la “fabbrica del latte” dei milanesi ha sempre avuto come punto di forza il latte fresco e per oltre settant’anni ha svolto l’attività di raccolta, lavorazione e commercializzazione del latte e dei suoi derivati. Ma l’accordo fatto con il Comune di Milano è irrevocabile, per cui 242 dipendenti, 103 automezzi ed i mosaici realizzati da alcune scuole ed artisti milanesi raffiguranti mucche divertite ed al servizio del consumatore, lasceranno la città. Per sempre. Alla fine la Centrale del latte non c'è più.

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