Il palazzo è formato da un complesso di corpi di fabbrica edificati per addizioni successive sfruttando in parte fabbricati preesistenti; privo di un progetto unitario, esso forma una sorta di articolata "cittadella", di totale irregolarità planimetrica. La facciata su piazza Borromeo è assai sobria, con paramento in mattoni a vista, e conserva tracce della fondazione ancora trecentesca nelle piccole finestre quadrangolari dalla forte strombatura. Al centro è posto il grande portale di inizio Quattrocento, con arco a sesto acuto su robuste spalle; l'archivolto presenta conci alternati in marmo rosa di Candoglia e rosso di Verona ed è riquadrato da un largo fregio con cordonatura e motivi a tralci di vite e foglie di quercia, che ricorda il piano terreno di Casa Panigarola. A sua volta inserito all'interno di una sottile cornice marmorea, l'arco è concluso da una cuspide che raffigura il dromedario coronato, uno degli emblemi araldici dei Borromeo. Attraverso un androne soffittato con travi lignee sostenute da mensoline si entra in un primo cortile; il passaggio al secondo, più ampio, detto "d'onore", è costituito da una struttura molto originale a doppie arcate non simmetriche fra loro. Il cortile d'onore è la parte meglio conservata del palazzo: presenta tre lati porticati, con arcate ogivali su massicci pilastri ottagonali ornati da capitelli fogliati e copertura a travi lignee. Il quarto lato è rischiarato da sei grandi monofore archiacute, decorate con le caratteristiche ghiere lombarde in cotto, alle quali si aggiungono alcune finestre più piccole di forma irregolare, di epoca precedente. Le pareti presentano tracce di decorazione a fresco con motivi araldici dei Borromeo (la corona, gli emblemi, il motto "Humilitas"), di carattere celebrativo.
La sala centrale del piano superiore è affrescata con un ciclo di soggetto profano scoperto durante i lavori di recupero che seguirono i bombardamenti del 1943. Le scene occupano senza soluzione di continuità tre pareti della sala, mentre la quarta è perduta. Si tratta della raffigurazione di alcuni "giochi", come quello della palla o quello dei tarocchi, i passatempi cioè della classe nobiliare della società del tempo. L'anonimo frescante, convenzionalmente denominato Maestro dei Giochi Borromeo, si mostra debitore dei modi tardogotici del Pisanello e di Masolino da Panicale. Per i referenti stilistici esibiti, oltre che per la foggia degli abiti (alcune parti erano originariamente finite a oro) gli affreschi sono databili agli anni Quaranta del Quattrocento e sono stati individuati dalla critica come modelli di riferimento per una serie di cicli a soggetto profano collocati in alcune residenze nobiliari lombarde (ad es. Oreno e Masnago).
Complesso quattrocentesco ancora oggi di proprietà dell'antica casata milanese, occupa quasi un intero isolato, articolandosi su 2 cortili, e che si affaccia per un lato sulla Piazza Santa Maria Podone, dove compare il bel portale sul quale campeggia il dromedario araldico dei Borromeo.
Fu quasi interamente edificato nel XV sec. grazie all'intervento di Michelino da Besozzo e di Pisanello. Interessanti all'interno gli affreschi quattrocenteschi di maestri del tardo gotico lombardo, che hanno per tema spaccati della vita aristocratica del tempo.
Sin dai primi dell'Ottocento qui venne costituita la raccolta d'arte Borromeo-Arese. In Via Sant'Orsola viene ospitata la Direzione generale di Polizia.
Se all'inizio del XIX sec., furono attuate delle piccole modifiche, con la metà del secolo invece il Terzaghi proponeva un totale ricostruzione della proprietà, proposta che non fu messa in cantiere, se non in minima parte, verso la Via Morigi e su una porzione di Via Sant' Orsola.
Con gli inizi del Novecento, dopo secoli di abbandono, veniva condotto un apprezzato restauro del cortile più interno e della famosissima sala terrena affrescata
Nel 1925 si propose verso piazza un nuovo tentativo di rifabbrica che di nuovo fallì.
Negli anni '50, l'arch. Liserani inizia la difficile ricostruzione del palazzo, danneggiato dai bombardamenti.
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