Ne abbiamo, infatti, una descrizione che risale al 1440 in una lettera dell'umanista Francesco Fidelfo, nella quale è detto che per l'occasione si era radunata al castello gran parte della nobiltà ambrosiana e che, alla presenza dello stesso duca Filippo Maria Visconti, fu celebrata l'annuale cerimonia del “zocco” e che il giorno seguente agli intervenuti furono distribuiti vari doni.
L'usanza fu continuata anche ai tempi degli Sforza, i quali volevano ancor più dei Visconti che alla festa intervenissero un gran numero di nobili del ducato.
Quindi, un tempo le antiche famiglie milanesi trascorrevano la vigilia del Natale attorno al focolare. Il padre, a capo della casa, fattosi il segno della croce, prendeva un grosso ceppo, solitamente di quercia, lo adagiava nel camino, vi poneva sotto un fascetto di ginepro e attizzava il fuoco.
Versava il vino in un calice, lo librava aspergendone le fiamme, ne sorseggiava lui per primo, poi lo passava agli altri membri della famiglia che, a turno, l'assaggiavano.
Il padre gettava poi una moneta sul ceppo che divampava e successivamente distribuiva delle monete agli astanti.
Infine, gli venivano presentati tre grandi pani di frumento e, con un gesto solenne, ne tagliava solo una piccola parte che veniva riposta e conservata sino al Natale dell'anno successivo. Dei tre grossi pani, il padre taglia solo una fettina e la ripone in serbo.
L'uso del ceppo natalizio nel contado, uscì dalla famiglia, si portò sulla piazza e, quando parve tramontare, intervenne lo stesso duca Francesco Sforza per mantenerlo in vita come simbolo, secondo gli antichi, della luminosità del sole imminente e raccogliere poi la cenere da spargere sui campi per propiziare il raccolto.Da questa tradizione deriva anche quella del dolce chiamato ciocco natalizio o tronchetto di Natale, molto diffuso nei Paesi di lingua francese, dove è chiamato "bûche de Noël".
Quantità per per 8 – 10 persone |
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Per la base di pasta biscotto:
Per farcire e decorare:
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