
La stretta Bagnera ha nobili origini: il nome ricorda i “bagni”, cioè le terme del Palazzo Imperiale Romano, come confermano anche alcuni ritrovamenti in questa zona. Ancora oggi lastre in pietra formano la pavimentazione che risale a metà Ottocento, veramente quaterpass sulla Storia.
Questo vicolo, dove il sole non riesce quasi a entrare, sembra evocare cupe vicende del passato.
Qui, infatti, si è svolta, a metà Ottocento, la storia di un efferato serial killer milanese, il nostro Jack lo Squartatore: Antonio Boggia. Nato il 23 dicembre 1799 sul Lago di Como, a Urio, Como, morto a Milano l’8 aprile 1862 era venuto a Milano dove lavorava come muratore e carpentiere in proprio. Abitava in via del Gesù e, dopo essersi sposato nel 1831 andò a vivere in via Nerino 2 e lavorò a Palazzo Cusani, sede del comando militare austriaco, in veste di fochista, frequentava assiduamente la chiesa di San Giorgio a Palazzo, benvoluto dalla gente del quartiere per la sua bonarietà e affidabilità.
Il Tribunale lo descrive di ” …modi calmi, con un esteriore aspetto quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, da viziose tendenze.”.
Diversi romanzi raccontano la storia truce di quest’uomo che uccideva persone dopo averne carpito la fiducia per impossessarsi dei loro beni. “Fa’ minga el Bogia!” dice un vecchio proverbio milanese per indicare come dietro una apparente bontà, si possano celare, invece, animo perverso e azioni malvagie.
Ed il Boggia ebbe ben quattro omicidi sulla coscienza. Dopo aver colpito le vittime alla testa, le murava nella cantina del suo magazzino di muratore che si trovava nella stretta Bagnera. Era un vero killer dalla mente lucida e determinata, tanto da riuscire ad aggirare anche, attraverso inganni e complicità, diversi notai indotti a legittimare le donazioni e le deleghe falsificate.
Boggia cominciò a uccidere nell’aprile del 1849, e la sua prima vittima fu Angelo Ribbone, derubato di 1.400 svanziche; il cadavere smembrato e nascosto nel suo scantinato nella Stretta Bagnera. Da lì in poi iniziano a sparire in zona uomini e donne, mentre i residenti osservavano con sospetto Boggia armeggiare con sacchi da muratore, mattoni e sabbia in un magazzino sempre lì in Stretta Bagnera. Era anche stato preso poco dopo il suo primo omicidio per il caso Comi: Giovanni Comi, un anziano contabile, fu attratto nel magazzino di Via Bagnera del sig. Boggia e venne colpito con una scure ma riuscì a fuggire e denunciarlo. Arrestato, Boggia venne giudicato folle e rinchiuso nel manicomio della Senavra, ritrovando la libertà pochi anni dopo.
Si finse pazzo, ma non potè nulla quando venne sgamato definitivamente.
Gli fu fatale l’ultimo omicidio: nel 1862, durante una perquisizione, venne ritrovato, murato in una nicchia, il cadavere dell’anziana Ester Maria Perrocchi, il figlio di una vedova, padrona di casa del Boggia, sporse denuncia per la sparizione della madre con la quale, però, non aveva buoni rapporti. Da lì in poi le ricerche continuarono e nel pavimento del suo magazzino vennero trovati i resti di altri tre morti ammazzati dal Jack lo Squartatore di Milano.
Sembra un giallo ricco di colpi di scena: un giudice volle vederci chiaro e, dopo diverse indagini, dispose un sopralluogo nei locali della stretta Bagnera, dove furono trovati documenti falsificati, vecchie denunce e… i resti delle vittime accuratamente murati.
Durante il processo, il Boggia tentò l’arma dell’infermità mentale sostenendo di aver ucciso la vedova per futili motivi dopo una banale discussione politica “c’era una scure e una sega… lì mi saltò un estro”. L’aveva quindi uccisa, fetta a pezzi e nascosta nel sottoscala.
Nell’inchiesta, però, i suoi delitti risultarono lucidamente premeditati, spinti dal desiderio di denaro e anche di possesso. Era passato, infatti, via via da manovale a piccolo imprenditore edile e, infine, ad amministratore e quasi “proprietario” dello stabile.
Fu giudicato colpevole e condannato a morte per impiccagione; Milano, però, non aveva i boia e dovette farli arrivare da Torino e da Parma. Per ironia della sorte, poco dopo la sua esecuzione, a Milano venne abolita la pena capitale. La sua testa fu poi staccata dal corpo e affidata a Cesare Lombroso per i suoi studi sulla fisiognomica dei criminali.
La via Bagnera ha dunque diversi strani primati: non solo è la via più stretta di Milano, ma qui visse e compì i suoi efferati delitti il primo serial killer italiano, che fu anche l’ultimo condannato a morte nella nostra città.
In questo vicolo, dove sembra non voglia entrare nemmeno il sole, talvolta si leva una folata di vento gelido. Si dice sia lo spirito del Boggia che vaga in cerca di nuove vittime… meglio restare a casa.

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