sabato 4 settembre 2021

CHIESA SANTOMASO IN TERRAMARA

 

è una chiesa cattolica di Milano di antica fondazione, situato nel centro storico, in via Broletto. È rettoria della parrocchia di Santa Maria del Carmine dell'arcidiocesi di Milano e cappellania della comunità dei fedeli filippini milanesi.

Le prime notizie della chiesa e della parrocchia si hanno già dall'XI secolo ed appare nell'elenco delle parrocchie del sestiere di Porta Comasina. Della origine della singolare dicitura in terramara non si trova una spiegazione certa e diverse sono le ipotesi, ma vale la pena ricordare quanto il conte Giorgio Giulini, storiografo milanese del XVIII secolo, scriveva:

«Vediamo altresì che si trova dentro la città un sito chiamato Terra mala, da cui ha preso la denominazione la chiesa di san Tomaso soprannominata in terra mala, ora corrottamente in terra mara. Si può stabilire sicuramente che il sito della città, chiamato fin dal secolo XI Terra mala, abbia dato il soprannome alla chiesa di san Tomaso; per qual ragione poi quel sito così venisse addomandato, io non so dirlo, perché i motivi che volgarmente se ne adducono, non sono appoggiati ad alcun sodo fondamento».

Il Latuada, nella sua Descrizione di Milano (1738) riferisce quella che potrebbe essere una convincente spiegazione, ovvero che essendo la chiesa di San Tomaso nelle antiche carte spesso citata con due nomi diversi, San Tommaso in Cruce de Sigeriis o, come più spesso si troverà nei secoli più tardi, in Cruce Sichariorum, la chiesa potrebbe essere stata la medesima e che, nata come cappella privata della famiglia dei Sigerii, potrebbe essere stata vicina al luogo dove si eseguivano le condanne a morte dei criminali: da qui l'appellativo in Terra Mala, dal chiaro significato.

Per curiosità un'antica leggenda milanese narra che il nome derivi da un episodio in cui Giovanni Maria Visconti, furioso in seguito al rifiuto del parroco della chiesa di seppellire il corpo di un uomo la cui vedova non aveva i mezzi per pagare il compenso al prete, fece seppellire lo stesso prete da vivo nella bara destinata al defunto nel cimitero della chiesa: da qui sarebbe stato originata la dicitura di San Tomaso in Terra Amara o Terra Mala, poi contratto in Terramara o Terramala.

Verosimilmente la dicitura parrebbe essere stata apposta nell'XI secolo da popolazioni sfuggite alle invasioni barbariche di quegli anni e rifugiati nella città di Milano: a memoria delle terre da cui provenivano avrebbero chiamato quell'area Terra Amara o Terra Mala.

Della chiesa originaria non rimane oggi nulla: la struttura odierna è un misto tra interventi seicenteschi e neoclassici. La facciata in pietra calcare fu costruita tra il 1825 e il 1827 da Girolamo Arganini e rappresenta una delle possibili tipologie di chiese neoclassiche: essa è introdotta da un pronao esastile di ordine ionico sorreggente un frontone triangolare che nasconde parzialmente il finestrone semicircolare.

La chiesa si presenta all'interno con una pianta longitudinale ad un un'unica navata che si conclude sull'abside semicircolare che contiene l'altare neoclassico di Giuseppe Zanoia risalente al 1779. Tra le varie pale d'altare nella chiesa si segnala Gloria di San Carlo Borromeo attribuito a Giulio Cesare Procaccini (1610).

Nella prima cappella di destra è da segnalare la Statua della Vergine traslata in San Tomaso nell'anno 1887: la statua, sul cui capo è poggiata una corona posta da San Carlo Borromeo, era originariamente ospitata in San Nazaro in Pietrasanta e fu qui trasferita dopo la demolizione di quella chiesa con una grande processione la notte del 15 dicembre 1887.


il piede di Cristo e il prete sepolto

San Tomaso in Terramara. Terra di morte e, si dice, di preti sepolti vivi. Ma anche delle impronte dei piedi di Cristo.
Divo Thomae Apostolo. La chiesa di San Tomaso in Terramara accoglie fedeli e visitatori con la semplicità di un’inscrizione in stile neoclassico sull’architrave di un modesto colonnato. Di antica fondazione – è menzionata in alcuni documenti dell’inizio dell’XI secolo – ciò che oggi resta della chiesa è però pressoché interamente di epoca moderna, con interventi che spaziano dalla riedificazione disposta dall’arcivescovo Carlo Borromeo, alla fine del Cinquecento, fino alla prima metà dell’Ottocento. Anche l’interno, a pianta longitudinale e a navata unica, non meraviglia per originalità (curiosa la decorazione del pavimento della navata). Più delle architetture, a fare la differenza a San Tomaso sono infatti devozioni e leggende.
Il piede di Cristo
Delle prime fa parte un’immagine scolpita su una lapide in marmo conservata nella cappella dell’Immacolata: nientemeno che l’impronta di un piede di Cristo. Collocata nel 1597 dall’arcivescovo di Milano Federico Borromeo, nipote di Carlo, l’orma si rifà ad un’antica tradizione (vestigium pedis), oggi per lo più sconosciuta. Impronte di Cristo, riferite a diversi episodi della sua vita, si rinvengono un po’ ovunque, dall’edicola dell’Ascensione a Gerusalemme alla chiesetta di Santa Maria in Palmis (Quo Vadis) a Roma. La capacità di lasciare impronte è comunque riconosciuta anche ai “santi piedi” di altri protagonisti della Bibbia e addirittura di altre religioni, da Adamo, progenitore dell’umanità, la cui impronta del piede destro è tracciata sull’omonimo picco in Sri Lanka, all’Ercole della tradizione greca, dall’orma lasciata da Maometto sulla Cupola della Roccia a Gerusalemme fino a quelle di Swaminarayan visibili nel tempio induista di Akshardham, in India.
E il prete sepolto vivo
Una seconda leggenda riguarda l’appellativo della chiesa di San Tomaso, in terra amara o terra mala. La storia ne parla come di una cappella gentilizia della famiglia dei Sigerii, presso la quale si dice che in seguito abbiano trovato rifugio clero e fedeli fuggiti dalle campagne in seguito alle invasioni ungariche o saracene del X secolo. L’appellativo di terra amara o terra mala starebbe quindi ad indicare la memoria della località di origine degli sfollati (Terramara) o il loro triste passato. Sembra inoltre che la zona fosse adibita all’esecuzione delle condanne a morte dei criminali. Più sanguinosa della storia è però la leggenda che vuole che nel cimitero della chiesa un sacerdote sia stato sepolto vivo. I fatti risalirebbero all’inizio del Quattrocento, al tempo del duca di Milano Giovanni Maria Visconti. Si dice che il parroco di San Tomaso, “amaro” di avarizia, si sarebbe rifiutato di celebrare il funerale di un pover’uomo la cui vedova non disponeva del denaro per pagare il dovuto compenso. Giunto il fatto alle orecchie del Duca – o, secondo un’altra versione, testimone lui stesso della diatriba fra il parroco e la donna – Giovanni Maria Visconti avrebbe ordinato la sepoltura del prete – vivo – nella bara destinata al defunto, secondo le differenti versioni da solo o in compagnia del morto. Da qui la denominazione di San Tomaso in Terra Amara o Terra Mala, in seguito contratto in Terramara. Per un curioso scherzo del destino presso San Tomaso sorge oggi una Casa per il clero, inaugurata il 23 marzo 1961 da Paolo VI, alcuni anni fa brevemente al centro delle cronache nazionali per un presunto tributo Ici non pagato, rivelatosi poi regolarmente versato. La Ca­sa dà ospitalità per lo più a sa­cerdoti anziani e ormai senza parrocchia, a preti in servizio nell’arcidiocesi ambrosiana e a preti e religiosi di passaggio.

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