Il “percorso della catena”
Per breve tempo, nel tratto tra la Cava Gaggiolo di Vimodrone e il porto in terra della Cassina de’ Pom a Greco, fu in funzione un servizio di
risalita a cremagliera che riportava le barche alla cava senza l’impiego di cavalli, trattori, battelli rimorchiatori: una catena di ferro posta sul fondo del canale agganciava le barche e le trainava lungo quello che venne definito il “percorso della catena”. “Dopo il primo aggancio all'inizio del percorso una ruota di acciaio con la gola opportunamente sagomata a femmina di catena, posta sul battello e ruotante per mezzo del motore di bordo, ingoiava man mano la catena procedendo e riadagiandola sul fondo del naviglio. La catena altro non era che una cremagliera e la ruota il pignone; il battello misurava circa 7 metri di lunghezza e metri 2,5 di larghezza. Gli anelli della catena avevano una lunghezza di 7 centimetri circa, il tondino misurava 1 cm. I barconi discendevano uno alla volta con un intervallo di tempo pari al tempo di carica del barcone successivo. Un solo conducente li guidava mediante un lungo timone di 8 o 10 metri di lunghezza. Posta trasversalmente al barcone c'era anche una tavola, lunga quanto la larghezza del barcone, e dietro, fissato al barcone, un palo verticale che serviva d'appoggio al timone. Il timoniere camminava avanti ed indietro su questa tavola col palo appoggiato sulla spalla abbordando le sinuosità del Martesana”. (Testimonianza di Vigotti Ambrogio). Tutto questo avveniva agli albori della grande ricostruzione di Milano, dopo la fase di ristagno dell’epoca ottocentesca, e durò fino al 1952 anno in cui cessò ufficialmente la navigazione sul Naviglio Martesana.
risalita a cremagliera che riportava le barche alla cava senza l’impiego di cavalli, trattori, battelli rimorchiatori: una catena di ferro posta sul fondo del canale agganciava le barche e le trainava lungo quello che venne definito il “percorso della catena”. “Dopo il primo aggancio all'inizio del percorso una ruota di acciaio con la gola opportunamente sagomata a femmina di catena, posta sul battello e ruotante per mezzo del motore di bordo, ingoiava man mano la catena procedendo e riadagiandola sul fondo del naviglio. La catena altro non era che una cremagliera e la ruota il pignone; il battello misurava circa 7 metri di lunghezza e metri 2,5 di larghezza. Gli anelli della catena avevano una lunghezza di 7 centimetri circa, il tondino misurava 1 cm. I barconi discendevano uno alla volta con un intervallo di tempo pari al tempo di carica del barcone successivo. Un solo conducente li guidava mediante un lungo timone di 8 o 10 metri di lunghezza. Posta trasversalmente al barcone c'era anche una tavola, lunga quanto la larghezza del barcone, e dietro, fissato al barcone, un palo verticale che serviva d'appoggio al timone. Il timoniere camminava avanti ed indietro su questa tavola col palo appoggiato sulla spalla abbordando le sinuosità del Martesana”. (Testimonianza di Vigotti Ambrogio). Tutto questo avveniva agli albori della grande ricostruzione di Milano, dopo la fase di ristagno dell’epoca ottocentesca, e durò fino al 1952 anno in cui cessò ufficialmente la navigazione sul Naviglio Martesana.
Nessun commento:
Posta un commento