mercoledì 25 agosto 2021

LE BOCCHE DEL NAVIGLIO

 Ai privati veniva concesso d’estrarre dalle bocche once d’acqua per scopi irrigui, ma anche per la forza motrice dei mulini. L’acqua era una preziosissima fonte d’introiti camerali, disciplinata da precise disposizioni. Numerosi documenti attestano l’esistenza di veri e propri contratti. Le concessioni erano ereditarie per cui i discendenti potevano fruirne pur non avendo acquisito nessun merito al riguardo. Anche i Monasteri beneficiavano di tali consuetudini.

Le “bocche in fregio”, che prendevano nome dai possessori dei terreni da irrigare, regolavano le derivazioni d’acqua dei Navigli.
Da diverse generazioni operavano i “campari” d’acqua, abili tecnici pratici a cui era affidata la partizione delle acque nonché di controllo dei deflussi dalle “bocche in fregio” ai navigli mediante una comune misura delle acque correnti. tale misura, introdotta nel 1200 e denominata “oncia magistrale milanese”, era fissata in una quantità d’acqua in uscita per pura pressione, pari a 0,0350 mc/s.
Le bocche di presa poste in fregio alle sponde di valle dei Navigli, perfezionate nel corso dei secoli ed ancora oggi presenti lungo tutti i Navigli irrigui, sono costituite da una apertura rettangolare delimitata generalmente da quattro lastre di pietra munite da una paratia in ferro o in legno per la regolazione del flusso d’acqua.
Ad essa si integrano altri manufatti come la “vasca di calma”, dove l’acqua ristagna prima di passare attraverso una seconda paratia, e l’idrometro, indicatore di livello delle acque prelevate. Il complesso di queste opere è in muratura, ad eccezione delle paratie e dei sistemi a vite per la regolazione delle stesse, generalmente in ferro.
Dai dati forniti dal Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi risultano le seguenti informazioni riguardo al numero delle bocche in fregio:
L’oncia magistrale milanese
La misura dell’erogazione veniva effettuata mediante l’oncia magistrale milanese: si trattava di una misura di portata usata nel Ducato di Milano dal 1400 al 1800 circa; analoghe misure erano quelle dell’oncia lodigiana e di quella Cremonese. La misura dell’acqua fu definita dall’ingegnere Giacomo Soldati nel 1574 come il quantitativo di acqua estratto da un apposito manufatto (bocca) costruito secondo misure precise (larghezza e altezza della bocca, battente di liquido, ecc.) ai fini della determinazione della somma da pagare. L’oncia magistrale milanese valeva circa 36-40 litri al secondo. Per dare un’idea pratica, tutte le rogge del Martesana avevano una portata stimata fra le 2, 3 once per le più piccole e 10,12 per quelle più grandi. In seguito la costruzione e la manutenzione delle rogge e dei cavi fu disciplinata dalla Legge 20 maggio 1806 che impegnava gli utenti in ragione e in proporzione del rispettivo godimento. Spesso gli utenti si riunivano in consorzi.

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