lunedì 12 luglio 2021

STATUA DELLA DEA DELLA GIUSTIZIA


 

Sotto la ‘Zavataria’ (le campane della Torre di Napo Torriani), il Seregni fece collocare un orologio, mentre, in una grande nicchia, sul basamento della torre, venne inizialmente posata, la statua della dea della Giustizia , a simboleggiare la vocazione del luogo, deputato, con i suoi tribunali, all’esercizio della giustizia sia in campo civile che penale.

Ed è intorno alla sorte di questa statua che ci fu tutto un fiorire di dicerie spesso divertenti. Tutto nacque il giorno in cui, nel 1611, i milanesi si accorsero che la statua della dea aveva cambiato brutalmente i connotati. Era stata sostituita da un’altra statua simile, ma raffigurante la burbera figura del re Filippo II di Spagna, allegoria della Prudenza, (opera dello scultore Andrea Biffi).

Questo fatto creò, comprensibilmente, molto scalpore, non per il soggetto in sé, legittimo peraltro (essendo stato duca di Milano dal 1540 fino alla sua morte nel 1598), quanto per la rapidità con cui la nuova statua, prese il posto della precedente. Poichè non si riteneva possibile che per la realizzazione della nuova statua fosse sufficiente così poco tempo dalla data dell’ordine, cominciarono a serpeggiare voci di un sicuro riciclaggio della statua della dea della Giustizia. Voci di popolo ovviamente … ma insistenti al punto che i più maliziosi, soffermandosi a guardarla, a parte la testa, ovviamente diversa, riuscivano a vedere, sotto quell’ampia tunica, le tracce mascherate delle fattezze inequivocabilmente femminili della dea della Giustizia! Probabilmente tanta fantasia … e dire che la statua doveva essere riuscita bene …. se addirittura ne parlò il Manzoni, nei Promessi Sposi, per bocca di Renzo, nel suo primo viaggio a Milano

…… ‘quel viso serio, burbero, accipigliato, e non dico abbastanza, di don Filippo II, che, anche dal marmo, imponeva un non so che di rispetto, e, con quel braccio teso, pareva che fosse lì per dire: ora vengo io, marmaglia’.

Passarono altri centosettant’anni (1797) e un bel giorno, al posto di Filippo II, nella stessa nicchia, ecco comparire, con un cipiglio totalmente diverso ed un pugnale al posto dello scettro, la figura di Marco Giunio Bruto, uno dei congiurati che assassinarono Giulio Cesare.
Che c’entrava Marco Giunio Bruto con Milano? Assolutamente nulla, ma simbolicamente rappresentava l’anelito di libertà contro la tirannide … l’eco della presa della Bastiglia… e infatti siamo negli anni della costituzione della Repubblica Cisalpina.

Come documentò sempre il Manzoni, nei Promessi Sposi, questa nuova statua non ebbe vita lunga: durò in quella nicchia, ai piedi della torre, al massimo un paio d’anni, poi … nel 1799, fu ‘tirata giù’ di forza, dopo l’arrivo degli austro-russi, da qualcuno che doveva avercela con Marco Bruto … evidentemente altri ideali politici …. Venne semidistrutta, trascinata in giro per la città, seminando pezzi ovunque … mani, braccia, piedi, testa … il busto, integro, venne scaraventato chissà dove …

Poi, dopo più di trent’anni da quando la nicchia era rimasta vuota, ecco comparire, nel 1833, una nuova statua di Sant’Ambrogio, il patrono di Milano (quella che si vede oggi).
Cronache dell’epoca riferiscono che fosse stata donata alla città, da un certo Giuseppe Fossani, che l’aveva recuperata da qualche parte …. Il restauro della statua era stato affidato ad un giovane scultore (33 anni), tale Luigi Scorzini …. evidentemente allora, non ancora affermato. Fatti i lavori, un fortuito incidente durante il trasporto della statua dal laboratorio dello scultore alla Torre Civica , tranciò di netto la mano destra che, finìta a terra, si frantumò in mille pezzi. Rifatta la mano “alla bell’e meglio”, e riattaccata al braccio, la statua finalmente arrivò intera a destinazione nella allora, piazza dei Mercanti. Non era ancora finita! Al momento di posarla nella nicchia semicircolare, non vi entrava, avendo la statua una base quadrata …. Insomma anche la sua collocazione fu problematica !

Ma perché la chiamano ancora oggi “Sant Ambroeus cunt i tètt” (Sant’Ambrogio con le tette)?
La statua di Marco Bruto andò distrutta, ma …. il suo busto si salvò, e, a detta dei maligni, questo è sempre quello della dea della Giustizia, abilmente camuffato sotto le generose pieghe di quella ampia tunica per alimentare ad arte le fantasie malate e perverse di chi voleva trovare, ad ogni costo, motivo di scandalo.

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