venerdì 25 febbraio 2022

PALAZZO DEGLI SCAPIGLIATI - CICOGNA

In via Vivaio, a Milano, nella seconda metà dell'ottocento, due erano i punti di ritrovo degli Scapigliati: l'osteria del Polpetta e il giardino dei Cicogna nella parte coltivata ad ortaglia. A quei tempi corso Monforte terminava sui bastioni chiusi, dalle larghe ombre degli ippocastani giganteschi, in mezzo ai bei giardini patrizi e alle vaste e pingui ortaglie. Il mezzo di collegamento con questa zona bucolica era un enorme vecchio omnibus color verde pisello, che trasportava rarissimi passeggeri. Via Vivaio, come suggerisce il toponimo, era una via campestre, con un paio di case moderne accanto a un paio di antiche case rurali. Vi abitavano molti artisti, amanti della quiete: De Albertis, Francesco Fontana, Eugenio Perego, Giuseppe Barbaglia, Borgomainerio. Il ritrovo comune a mezzogiorno era presso «il Polpetta», sull'angolo di via Conservatorio, dove convenivano anche Tranquillo Cremona, Giuseppe Grandi ed Emilio Praga, che abitava in Monforte. La polpetta milanese, piatto povero e di recupero per antonomasia, era così famosa fra gli scapigliati che il poeta e commediografo dialettale Ferdinando Fontana compose la «Polpetta del Re». «Il Parco è stato definito irreale - in quanto ancor oggi ha preservato la stessa tipologia floreale del 700, l'unico colore è manifestato da un piccolo pesco e le siepi mantengono la sobrietà del tempo». Palazzo Cicogna è forse oggi l'unico esempio rimasto a Milano che abbia conservato l'aspetto di una «grande casa da nobile». L'immobile fu iniziato nel 500 in stile rinascimentale dalla famiglia Arrigoni. Nel 1569 venne venduto e solo nel 1828 diventò proprietà del conte Cailo Cicogna Mozzoni. Questi fece chiudere il cortile verso corso Monforte con una decorazione romantica dell'architetto Sanquirico. Tale costruzione neogotica fu molto criticata perché in contrasto con l'aspetto severo del cortile. Solo nel 1972, a distanza di 150 anni, è stata ripristinata l'antica facciata in tinta unita ed è stato completato il cortile con una quarta facciata in stile rinascimentale, identica a quella originale. 
Lo studio legale Campagnolo, fondato nel 1991, è ospitato proprio nello splendido palazzo Cicogna con ingresso da corso Monforte e via S. Damiano. «Lo Studio contiene affreschi del 600 appena restaurati soffitti in legno con cassettoni in oro zecchino, maioliche dipinte a mano, specchiere del 700, statue in marmo, camini decorati con stemmi in ferro battuto. Dal lato che dava su via Vivaio l'area era coltivata ad ortaglia, qui, grazie a una intraprendente famiglia di portinai, ebbe origine la Scapigliatura milanese.
Il Palazzo di proprietà dei conti Cicogna, al 23 di Corso Monforte c’è l’ingresso della casa padronale, e una targa ricorda che lì ebbe lo studio Lucio Fontana
Lucio Fontana lavorò qui, in corso Monforte 23, in una stanza al piano terra del grande palazzo dei conti Cicogna Mozzoni, dal 1952 (lo stesso anno in cui sposa Teresita Rasini), fino alla morte nel 1968: lasciò lo studio e Milano per Comabbio, e il 7 settembre si spense per una crisi cardiaca all’ospedale di Varese. «Tutte le sue opere, soprattutto quelle pittoriche, per sedici anni sono state prodotte in quello studio, a parte le ceramiche che faceva ad Albissola raccontano alla Fondazione Fontana, voluta dalla moglie, che ha sede nello stesso stabile . Era un luogo molto vivace in cui riceveva spesso moltissime persone che arrivavano non solo per vedere i suoi quadri ma anche per il gusto di parlare con lui».

Lo spazio non ha cambiato destinazione. Dopo l’abbandono di Fontana divenne una galleria, famoso per i suoi "tagli" oggi venduti a prezzi inavvicinabili, ha usato in molti quadri. 
A tanti anni di distanza è rimasto tale e quale lui lo aveva voluto e vissuto. Uno studio tutto sommato piccolo, una quarantina di metri quadrati, tant’è che lo allestì con un doppio soppalco dove si rifugiava a riposare quando era stanco. 
Ma in un nobile palazzo e affacciato con una luminosa porta finestra su uno splendido parco giardino privato di cui non sembra vedersi fine, uno di quei gioielli verdi invisibili ai più di cui Milano è ricca. 
Poi c’è la botola sul pavimento, con quel particolare di assi di legno che non tutti conoscono, ben occultata sul pavimento e colorata, all’interno, del tipico rosa che l’artista argentino, che apriva per scendere scalette ripide e scure: porta in un grande spazio interrato, lo scantinato ampio dove teneva le opere, a volte lavorava, e dove fu anche fotografato più volte, attorniato dai suoi "Concetto Spaziale".
E ancora oggi, come in un sacrario, nell’angolo in fondo contro un muro del magazzino semi vuoto rimangono i resti dei ferri del mestiere del grande artista: un tavolino molto vissuto su cui stanno al pari di reliquie dimenticate bottiglie con colori per la pittura a spruzzo, pennelli e frammenti di vetro colorato con strane forme, riviste coperte da un velo di polvere. 
lo stesso edificio oggi ospita la Fondazione dedicata al pittore e scultore. Un’altra targa, interna, è del 25 aprile 1984, firmata dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini per rendere onore al conte Alessandro Cicogna Mozzoni, «combattente per la libertà» nelle file dell’esercito tra il ’43 e il ’45: il capofamiglia, scomparso nel marzo scorso all’età di 99 anni.
Per visitare il Palazzo e lo Studio: www.studiolegalecampagnolo.com

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