Nel centro medievale di Milano era presente fin dal Medioevo una ricca borghesia di artigiani e commercianti. Ricordiamo le vie Orefici, Speronari e, nel primo tratto di via Torino, le contrade (oggi scomparse) dei Mercanti d’Oro, dei Pennacchiari, o ancora – nella parte occidentale dell’attuale piazza Duomo – le vie dei Profumieri e dei Cappellari.
Milanese è l’invenzione dell’armatura completa in piastra che consentiva un’adeguata protezione del soldato, consentendogli piena agilità nei movimenti. Pressoché contemporaneo è il nuovo tipo di elmo: diversamente da quelli precedenti, presentava una visiera in grado di proteggere completamente la testa. Altra caratteristica delle armature ambrosiane – prodotto di una vera e propria scuola milanese alternativa rispetto a quelle tedesche e francesi – fu la sproporzione, nell’armatura degli arti superiori, tra la parte sinistra e quella destra: la sinistra (dalla copertura della spalla a quella del braccio fusa il più delle volte in solo pezzo fino all’altezza della mano) era molto più grande rispetto all’altra; in tal modo l’uomo d’arme poteva servirsi di questa parte del corpo per la difesa dai colpi del nemico, lasciando al braccio destro il compito di offendere maneggiando la lancia o la spada.
I fabbri del quartiere tra le antiche parrocchie di Santa Maria Segreta, Santa Maria Beltrade e San Michele al Gallo (tra le vie Spadari e Armorari) ricevettero lucrose commissioni da una nobiltà desiderosa di partecipare alle parate e alle solenni adunanze sfoggiando armature finemente decorate: tali manufatti furono realizzati con tale precisione e cura dei dettagli – ad esempio nell’incisione dello stemma gentilizio – da costituire un vero e proprio segno di status per il casato.
Bartolomeo Piatti, la cui famiglia – acquisita ben presto la nobiltà – si stabilì in un bel palazzo nella via omonima (tuttora esistente) che incrocia via Torino; Giovanni Pietro Figino; Giovanni Antonio Biancardi; Antonio Piccinino con i figli Federico e Lucio. Erano artigiani rinomati, chiamati a lavorare per molti principi europei.
nel corso del Cinquecento, molte famiglie di fabbri e armaioli si stabilirono oltralpe. Così ad esempio, Filippo de Grampi e Giovan Angelo Litta, che nel 1511 lasciarono Milano per stabilirsi in Inghilterra con altri tre operai invitati dai Tudor a fondare una fabbrica di armature per la corte. Fu anche il caso di alcuni membri della famiglia Piatti: Matteo si trasferì a Firenze tra il 1568 e il 1569, ove aprì una bottega in cui lavoravano dodici maestri e operai milanesi; il nipote Giacomo Filippo fece lo stesso nel 1592. Nel Milanese la presenza di queste botteghe si andò assottigliando. Durante la dominazione spagnola, Filippo II chiamò ad Eugui, nel regno di Navarra, molti armaioli milanesi per costituire una fabbrica di armature di lusso in grado di eccellere come le celebri botteghe di Milano.
Nel corso del Settecento tali fabbriche scomparirono progressivamente lasciando alle vie il compito di ricordare ai milanesi i loro antichi successi nell’industria bellica.
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