martedì 28 dicembre 2021

VILLA SIMONETTA

Si narra, per esempio, che nella Villa Simonetta, in via Stilicone, sia possibile vedere il fantasma di Clelia Simonetta e dei suoi amanti. Villa Simonetta è l’unico esempio in tutta la Lombardia di una villa patrizia rinascimentale suburbana, di carattere monumentale, edificata alla fine del 15esimo secolo e poi più volte ampliata e ristrutturata. Oggi la villa è di proprietà comunale ed è la sede della Civica Scuola di Musica. Fu inizialmente chiamata “La Gualtiera” dal nome del suo proprietario Gualtiero Bescapé, cancelliere di Ludovico il Moro. Per costruire la sua villa, il Bescapè acquistò il terreno, in aperta campagna, dall’Ospedale Maggiore di Milano. Prima di morire, quell’uomo visse lì soltanto per due anni. Oscuri e veloci, in seguito, furono i vari passaggi di proprietà del palazzo, finché nel 1547 fu acquistato dal Governatore di Milano, il duca Ferrante Gonzaga, che affidò all’architetto Domenico Giunti il compito di trasformarlo in una lussuosa residenza di rappresentanza. Nel 1555 il Gonzaga venne richiamato in Spagna e la villa passò alla famiglia Simonetta, che aveva una giovane figlia di nome Clelia, appunto, dalla condotta decisamente libertina. Trasferitasi in quella dimora un po’ isolata, la ragazza organizzò sontuose feste, dandosi a sfrenati piaceri e sperimentando i più intensi appagamenti che il sesso potesse mai concedere, a quel tempo, a una giovane donna. I suoi ospiti, prima di prendere parte ai ricevimenti, erano obbligati a transitare in un grande bagno turco, dove si lavavano e si purificavano. I “giochi”, chiamiamoli così, che la spregiudicata padrona di casa proponeva nei sotterranei della villa a volte si spingevano troppo in là e i poveri sventurati non sempre ne uscivano vivi. Si racconta che una dozzina di baldi giovanotti, da lei invitati, scomparvero misteriosamente e lei, Clelia, già accusata di lussuria, fu additata come una specie di mantide religiosa, che si accoppiava con gli uomini per poi togliergli la vita. Misteri, malelingue e leggende crebbero intorno a Villa Simonetta e alla sua intrigante padrona. Si disse che proprio come il famoso Dottor Frankenstein, nei sotterranei Clelia avesse creato, con le parti umane dei ragazzi uccisi, una mostruosa creatura, che sfuggita al suo controllo l’avrebbe inesorabilmente uccisa. Nella realtà, nessuno sa che fine abbia fatto, Clelia Simonetta. Successivamente, la villa fu ceduta ai Castelbarco, una famiglia milanese di origine trentina, e quindi ai Clerici, un’altra stirpe patrizia meneghina. Gli ultimi illustri proprietari furono gli Osculati, poi per l’edificio iniziò una fase di lento, ma costante degrado, protrattosi fino all’insediamento, come dicevo prima, della Civica Scuola di Musica del Comune di Milano. Nel 1836 la villa fu adibita ad asilo dei cittadini colpiti dal colera, mentre più avanti andarono ad abitarvi gli operai di un cotonificio. Oltre ancora, la villa divenne, nell’ordine, una fabbrica di candele, un’officina meccanica e poi perfino una falegnameria. Della grazia e delle decorazioni del ‘500 rimase ben poco. Un’altra leggenda, infine, che riguarda la villa è quella della sua superba e prodigiosa eco, che l’ha resa famosa in tutta Europa, capace di ripetere fino a trenta volte la parola “amore”. E pare che qualsiasi altro termine urlato in direzione della villa, al suo interno, soprattutto sotto il colonnato del piano terreno, si moltiplicasse magicamente, raggiungendo l’incredibile numero di 56 repliche verso l’aperta campagna. Ma dopo l’ultima ricostruzione, nel 1962, questa caratteristica sarebbe andata definitivamente perduta…

Nel ‘900 la villa decade fino ad ospitare falegnamerie ed osterie, per poi finire sotto la pioggia di bombe del ’43 che ne azzerano la facciata

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