Per decenni questo luogo rimase una delle maggiori fonti di interesse per tutti i bambini milanesi. Rimanevano incantati dal lungo collo delle giraffe, dal festoso comportamento delle otarie e delle foche. Del loro sguazzare nelle acque delle piscine realizzate appositamente. All’epoca, di fianco c’era un venditore di pesce perciò i visitatori potevano acquistarne e lanciarlo agli animali. L’elefantessa simbolo dello zoo, che si chiamava Bombay, indossava enormi occhiali bianchi, e girava un organetto con la proboscide: uno spettacolo creato dai visitatori per avere delle mance.
L’elefantessa Bombay, nata in India nel 1932, giunse a Milano subito dopo la sua nascita. E qui visse per sempre, fino a quando non morì nel 1987. Fu quindi imbalsamata ed è ancora esposta nel Museo di Storia Naturale degli stessi Giardini Pubblici. E nella gabbia è ancora esposta un’urna con le ceneri di ciò che di lei non venne mai imbalsamato assieme ad una sua foto e fiori sempre freschi. Altre, tra le diverse attrazioni, erano sicuramente le zebre, le scimmie e Giovanni, famoso macaco che, se chiamato col suo nome, si girava puntualmente.
Un grande orso polare he viveva in una gabbia enorme scavata per lui in una delle “montagnette” dei Giardini. Qui si trovava una gabbia refrigerata e una piscina. Anche lui fu imbalsamato e si può ancora vedere nel Museo.
A partire dagli anni Cinquanta, Mariuccia Ciapponi in Molinar era una sorta di dominus assoluto dentro lo zoo di Milano. Conosceva ogni animale, ogni sua abitudine, mania, gusto, debolezza o bisogno. Sovraintendeva alla distribuzione dei pasti tre volte al giorno andando personalmente a selezionare il cibo per ciascun animale. Era vedova di un famosissimo cacciatore e zoologo. Lui, assieme al fratello e al padre, fu uno dei maggiori esportatori e commercianti mondiali di animali africani dal 1924 alla morte nel 1952. Durante gli anni della sua gestione, ci furono alcuni nuovi arrivi all’interno del Giardino. Nonostante le condizioni e la difficoltà di riprodursi in cattività nacque Luama, un cucciolo di giraffa, Luama, e Pooma, un piccolo di leopardo.
Fu allora che, negli anni Sessanta, lo zoo arrivò a contenere un numero spropositato di animali. Ospitava oltre 500 in meno di due ettari di superficie. Cominciarono quindi a spandersi giuste e feroci critiche proprio per come gli animali venivano sempre più sacrificati nello spazio. Ma, a differenza di ciò che avviene oggi nei parchi, anzichè allargarsi, l’area dedicata agli animali si restringeva sempre più.
La vera svolta iniziò solo a partire dalla prima metà degli anni Ottanta. In questo periodo, la stampa iniziò a denunciare le condizioni dello zoo, incompatibili con la vita degli animali, nel 1992, questo luogo venne definitivamente chiuso.
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