martedì 23 novembre 2021

CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE

 La chiesa di Sant’Antonio Abate , che si affaccia sull’omonima via con un sobrio e quasi spoglio prospetto neoclassico, svela al suo interno una ricchezza decorativa inaspettata che ne fa uno dei gioielli del Barocco lombardo in Milano.

 Edificata nelle forme attuali dall’ordine dei Teatini a partire dal 1584, questo tempio milanese deve le sue origini ad un precedente complesso di edifici quattrocenteschi, comprendente la chiesa, i chiostri, la torre campanaria ed un ospedale, occupato, già a partire dalla prima metà del Trecento, dall’ordine francese degli Antoniani.

Secondo la tradizione infatti, qui i monaci di Sant’Antonio curavano con un unguento ricavato dal grasso dei maiali il morbo del “fuoco sacro” che in quei tempi lontani mieteva molte vittime (da cui la denominazione popolare della malattia come “fuoco di Sant’Antonio”).

 Di questa prima fase costruttiva quattrocentesca rimangono oggi tracce visibili nella torre campanaria, parzialmente rifatta a fine Ottocento, e nel chiostro bramantesco al civico n. 5.

Il primo nucleo degli edifici che costituiscono attualmente il complesso di Sant'Antonio Abate sorse nella prima metà del Trecento quando gli Antoniani, da poco giunti a Milano, furono chiamati a reggere l'ospedale fondato per legato testamentario da Ruggero del Cerro nel 1127 per assistere gli ammalati di "fuoco sacro". 

Sostenuto dalla benevolenza dei Visconti, l'ordine si prodigò per quasi un secolo soccorrendo quanti venivano colpiti dal morbo; in seguito, diminuita l'aggressività del male, i frati vennero più volte impiegati in attività diplomatiche ai servizio dello stato milanese.

 Le continue controversie con il clero di San Nazaro, chiesa dalla quale dipendevano, provocarono il loro progressivo declino culminato quando Francesco Sforza decise di fondare l'Ospedale Maggiore, nel quale dovevano essere concentrati tutti gli ospedali esistenti in città e nei sobborghi, compreso quello di Sant'Antonio.

 La soppressione divenne ufficiale con un decreto di papa Nicola V del 1452, nel quale si stabiliva anche che la chiesa e i suoi beni venissero dati in commenda. 

Primi commendari ne furono i Landriani ai quali successero i Trivulzio che mantennero la commenda sino ad oltre la metà del Cinquecento.
A testimonianza di questo primo periodo della storia di Sant'Antonio restano ancora il campanile e i due chiostri. In mancanza di fonti documentarie non è possibile stabilire con sicurezza il periodo durante il quale vennero realizzati, ma si tratta certamente di due interventi successivi. 

Più antico è il campanile dalla caratteristica struttura quattrocentesca, la cui costruzione faceva comunque parte di un più ampio intervento di ristrutturazione comprendente anche la chiesa. Considerato il declino, anche economico degli Antoniani nel corso del ...V secolo, è improbabile che s'impegnassero in un'impresa di così vasta portata; sembrerebbe al contrario possibile che i nuovi commendatari intervenissero promuovendo il rinnovamento dell'edificio.
Ai Trivulzio spetterebbe invece l'erezione del portico in cotto del primo chiostro che, dal confronto con altre terracotte milanesi può essere datato ai primi anni del XVI secolo. 


All'inizio del Seicento alla Tavola venne aggiunta la parte superiore con una corona di angeli ad opera di Camillo Procaccini, intervento che è da mettere in relazione con nuovi lavori di ristrutturazione della chiesa e con la necessità di adattare la pala alla cappella dove venne collocata.
Nel 1575 un breve di Gregorio XII soppresse la commenda e nel 1577 i chierici Regolari Teatini, chiamati a Milano anni prima dal cardinal Borromeo, entrarono in possesso della chiesa e del convento. L
Pochi anni dopo, nel 1584, l'architetto Dionigi Campazzo (e non il Richini come erroneamente indicato nelle vecchie guide), venne incaricato della ricostruzione della chiesa inglobando l'antica ed ampliandola sino ad occupare la piazza antistante.

 L'edificio assunse così la sua struttura definitiva: la pianta è a croce latina con un'unica navata sulla quale si aprono tre cappelle per lato e coperta da una volta a botte, un breve transetto e un profondo coro a pianta rettangolare.

Conclusisi i lavori di architettura si cominciò a pensare alla decorazione dell'interno che molto probabilmente iniziò dalla cappella delle reliquie, nel transetto di sinistra, per intervento della famiglia Trivulzio che ne aveva mantenuto il patronato. Venne così eretto l'altare nel quale furono riunite le reliquie venerate in chiesa e quelle della Santa Croce portate dai Teatini; il reliquiario è nascosto da una tela raffigurante Cristo che porta la croce, copia da Palma il Giovane. Alle pareti furono poste l'Incoronazione di spine di Alessandro Maganza e la Flagellazione di un anonimo artista toscano, entrambe datate fine XVI secolo.
Fu però durante il Seicento, in coincidenza con il periodo di massima fioritura dell'ordine, che si ebbero gli interventi di maggior rilievo all'interno della chiesa sino a completarne la decorazione.
Nel 1609 Ludovico Acerbi, giureconsulto, stipulò una convenzione con i padri dalla quale, fra l'altro, risulta che aveva già ottenuto la facoltà di erigere nella chiesa una cappella a proprie spese e che la stessa era già in costruzione; gli si concedeva inoltre di ornarla con pitture, stucchi e marmi secondo il progetto già stabilito. 


Da documenti d'archivio risulta che ancora nel 1610 la contessa Olimpia Trivulzi promosse l'abbellimento del coro; 
L'opera prestata dai padri durante la peste del 1629- 1630 valse loro la riconoscenza dei cittadini, espressa con generose donazioni che permisero al padre Alessandro Porro, eletto nel 1630 preposito della casa milanese, di commissionare la decorazione ad affresco della volta della navata e di quella centrale del transetto. 

1683-1689  la Confraternita dell'Immacolata iniziò la costruzione di un oratorio contiguo alla chiesa e con essa comunicante che potesse ospitare le proprie adunanze. L'opera fu possibile grazie ai fondi raccolti tra i confratelli, per la maggior parte di famiglia nobile, e utilizzando un lascito di Camillo de' Grassi per la cappella che sorgeva nel cimitero, sulla cui area venne poi eretto l'oratorio. La costruzione iniziò nel 1683 secondo il progetto steso da Andrea Biffi che prevedeva un edificio ad unica nave con abside rettangolare di impronta marcatamente classica.
Tra il 1686 e il 1689 l'oratorio venne completato con la realizzazione dell'apparato decorativo.

Con la soppressione del 1798 l'altare maggiore fu smantellato e l'oratorio, dopo essere stato spogliato degli arredi, venne adibito ad usi civili. 


Nel 1814 in una parte dei locali venne sistemato il carcere al quale fu affiancata, pochi anni dopo, la Pretura militare che vi ebbe sede per quasi un secolo. Nel frattempo la chiesa era stata riaperta al culto come sussidiaria di San Nazaro; per l'occasione vennero eseguiti lavori di ripristino che si estesero, nel 1832, al rifacimento della facciata per opera di Giacomo Tazzini.
Il primo restauro generale della chiesa e del convento si ebbe solo nel 1903 e venne eseguito sotto la direzione di Cesare Nava. In anni recenti l'intervento di maggior importanza è stato il ripristino, nelle sole parti architettoniche, dell'oratorio dell'Immacolata.


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