Nella non chiarissima serie dei nomi dell'arco si suppone che in principio l'arco ebbe nome di pusterla braida e successivamente di algisia, essendo stato tal Algisio Guercio proprietario nel IX secolo dei terreni incolti o braide su ambe le sponde del Naviglio e che per comodità si sarebbe aperto un varco all'interno della cinta muraria del tempo. Nella sua L'Historia di Milano del 1554 Bernardino Corio si riferisce alla pusterla come «pusterla Braida del Guercio di Algisio», rendendo più complicata l'individuazione di un nome univoco. Tuttavia non è raro che il medesimo luogo possa avere nomi diversi stratificati nel corso dei secoli. Algisio il Guercio aveva donato i terreni all'interno delle mura agli Umiliati, affinché vi si potessero stabilire ed edificare la propria casa madre. La pusterla, divenuta in seguito pubblica, venne restaurata nel 1232 dal podestà di Milano, Pietro Vento, ricadendo tuttavia in abbandono subito dopo. Fu solamente Lodovico il Moro ad occuparsene personalmente, intitolandola alla moglie, Beatrice d'Este, da cui poi il nome più comune, quello di Pusterla Beatrice. Tale denominazione sarebbe sopravvissuta per secoli, sopravvivendo alla stessa demolizione della pusterla, avvenuta nel 1860.
La pusterla ancora nel Settecento viene descritta come un edificio dalla forma rettangolare, caratterizzato dalla presenza di un arco a sesto acuto ribassato, al proprio centro. La notte, quando venivano chiusi i battenti, poteva essere confusa con una qualsiasi abitazione del quartiere.
Va infine ricordato che secondo alcuni la Pusterla Beatrice coinciderebbe con la Pusterla San Marco.
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